Doppiaggio: il mestiere, le cifre, gli aneddoti
9 Novembre 2009
1. COME SI SVOLGE IL DOPPIAGGIOPer doppiaggio, come già spiegato a suo tempo nell’approfondimento di Gugly, si intende la pratica diffusasi negli anni 50 e 60 di doppiare le voci degli attori stranieri e, talora, anche di quelli italiani.
Le figure principali di questa attività sono il dialoghista/adattatore, il doppiatore stesso e il direttore di doppiaggio.
Il dialoghista prende il testo originale, lo studia e lo traduce adattando quelle parti che lo necessitano per essere apprezzate a fondo. L’adattatore mette a confronto alla moviola il copione originale e quello tradotto verificando le aperture, le lunghezze, le pause, le labiali: un lavoro da autentico certosino. E delicato, perché in molti casi non c’è un vero e proprio controllo sul tradotto e ci si affida unicamente alla professionalità di chi lo esegue.
Al direttore di doppiaggio viene affidata dal produttore la responsabilità dell’intero lavoro ed è lui, dopo aver metabolizzato l’intero film, a scegliere gli attori che dovranno dare vita al testo (perseguendo criteri artistici/economici, come vedremo in seguito). Nel suo lavoro deve/dovrebbe tener conto del pubblico che dovrà fruire di questa versione e, nei casi più “nobili”, delle intenzioni dell’autore del film.
Il direttore del doppiaggio (o il suo assistente) procede poi alla suddivisione del film in anelli (microunità narrative di 30-60 sec.).
“Idealmente” il doppiatore si vede l’anello più volte, poi prova a dire le battute con l’originale in cuffia (potrebbe essere necessario riprovare). Nella realtà, come riferito da due voci famose di oggi, capita che venga tutto improvvisato e si inizi subito a doppiare oppure che si cominci a lavorare su scene intermedie e non dall’inizio del film. Alla fine il doppiato va in sala di missaggio dove avviene il sincrono tra le tracce originali (compreso di brusii, effetti ambiente tipo il vento, effetti sala tipo porte o passi, effetti speciali e colonna sonora) e traccia del doppiato. Per sincronizzare il tutto, il tecnico aumenta/diminuisce le pause in modo da raggiungere un perfetto parallelo tra labiale e parlato.
2. IL MESTIERE E LE CIFRE
Se non hai la fortuna di nascere parente di doppiatori affermati (come in molti mestieri) bisogna affidarsi alla consueta gavetta: detto che avere un’impostazione teatrale può aiutare, occorre conoscere altri doppiatori, direttori o società del settore e sperare nei piccoli ruoli (es. i turni di brusio). Continuando così e avendo le qualità foniche richieste in 2-3 anni si può entrare nel giro che conta.
Da un articolo di Repubblica del 9 giugno 2009 si desume che il giro d’affari del settore si aggira sui 50 mln di euro, occupa circa 2-3000 addetti, 100 tra minisocietà e cooperative storiche. La maggior parte delle società (e le associazioni di categoria) hanno sede a Roma ma esistono realtà in crescita anche a Milano e Torino, focalizzate sul canale televisivo (soap, pubblicità e cartoni animati).
Doppiare un film in media costa dai 20/30mila euro (film minori) ai 120mila euro delle grandi produzioni hollywoodiane. Un costo tutto sommato contenuto rispetto ad altre voci di budget che possono arrivare ad alcune decine di miliardi. I più pessimisti dicono che nel preventivo il doppiaggio venga posto accanto alla cancelleria… Per il singolo episodio di una serie tv famosa si spendono sugli 8000 euro.
Le tariffe del doppiatore sono stabilite in base ad un contratto di categoria ma i professionisti che doppiano gli attori famosi riescono a contrattare un cachet individuale. Gli altri sono pagati per riga, molto meno di quelli famosi ma sempre più di quanto guadagnerebbero ad esempio in teatro (e senza obblighi di spostarsi).
Nel tempo tariffe e tempi di consegna si sono livellati sotto la pressione di produttori e distributori. Nel 1970 il compenso medio per un “turno” (tre ore di lavoro) era di 40 mila lire, era un periodo nel quale i distributori rincorrevano le voci più famose e i budget apparentemente “non costituivano un problema”.
Per doppiare un film occorrevano dai 40 ai 60 turni di lavoro. Nel 1995, il doppiatore prendeva 90mila lire a turno + 3000 lire a riga (2500 telefilm, 2000 cartoni e soap).
Oggi, a quanto si legge nel forum sottoindicato, come da CCNL ufficiale, il doppiatore percepisce 72,71 euro a turno + €2,31 a riga (€1,99 telefilm, €1,54 cartoni e soap) dove per riga si intendono 50 caratteri spazi inclusi.
Fonte: http://www.forumartistiinterpreti.org/contrattiepiattaforme.php
Questo stabilisce il contratto, ma non è raro scendere sotto e realizzare il tutto in meno di 20 turni di lavoro (minimo raccomandato) offrendo dialoghi “omaggio”, sale sottocosto e colonne separate.
A colonne separate significa che ogni singolo doppiatore lavora separato dagli altri. Si risparmia perché non devi combinare gli impegni di tutto il gruppo. E’ più difficile, e qualcosa a livello di emozioni trasmesse ci perdi sicuramente, perché è innaturale doppiare senza le altre voci accanto.
Secondo un noto direttore di doppiaggio, un produttore arrivò a dirgli queste esplicite parole: “Io distribuisco 10 film all’anno; se risparmio 5000 euro a film sul doppiaggio mi rimangono 50.000 euro in più; tanto la gente è ignorante e non gliene frega niente della qualità del doppiaggio”. Il produttore oggi gode ancora di ottima salute.
Fonte: “Intervista a Filippo Ottoni” http://www.asinc.it/as_01_035.asp
Lavorare sulle serie televisive sembra meno gratificante ma in realtà non è così perché il film ha uno schema narrativo definito all’interno del quale i personaggi nascono e muoiono, mentre nelle serie la necessità di fidelizzare il pubblico crea sviluppi continui, e anche a livello linguistico vengono utilizzati registri molto diversi. Come nota a margine ho letto che per alcuni doppiatori, come rapporto tempo/guadagno, la miglior cosa è la pubblicità: veloce, senza necessità di entrare nella parte e un minimo remunerativa.
I doppiatori intesi come categoria hanno diverse lagnanze da portare avanti, oltre a quelle economiche, perlopiù legate alla loro poca visibilità. I critici cinematografici se li filano raramente, e questo non aiuta ad mantenere alto il livello della categoria. Va pur detto che, regista e attori a parte, tante altre categorie vengono puntualmente ignorate dalla critica ufficiale. Nei titoli di coda di un film, poi, il nome del doppiatore compare e non compare, in ogni caso in posizione molto defilata, dopo il giraffista, il trasportatore e l’ammaestratore di cani..
Oltre a due grosse associazioni di categoria (Aidac e Anad), esiste pure un evento annuale dedicato alla categoria “il gran premio internazionale del doppiaggio” che, nel suo piccolo, prova a dare visibilità a questa disciplina.
http://www.aidac.it/
http://www.anad.tv
http://www.asinc.it
http://www.premiodeldoppiaggio.com
3. ANEDDOTI VARI
Negli ultimi decenni, lo sviluppo delle tv commerciali ha sì allargato il mercato ma ha portato anche allo scadimento della qualità delle prestazioni. Non è raro imbattersi in casi come questi:
1) Dall’inglese “Let’s have a toast” cioè “Facciamo un brindisi” è stato ricavato un “Ci facciamo un toast, dai facciamocelo. Cin cin!”
2) Di fronte ad una bellezza mozzafiato è stato detto “Il tuo corpo terrificante” per tradurre l’inglese “terrific”.
3) La frase idiomatica “Let’s call it a day” che in americano significa “E’ stata una giornata faticosa, andiamocene a casa” è stata tradotta in un inevitabile “Chiamiamolo un giorno!”
4) Questo è stato segnalato sul Davinotti da Renato: in Rambo (il primo) quando lo sceriffo si siede ordina “A short, wild turkey" dove Wild turkey è una marca di Whisky. Il traduttore, forse ubriaco di suo, ha scritto “Del tacchino”!
Come ogni progetto complesso anche il lavoro di doppiaggio registra casi particolari che vale la pena raccontare.
Caso emblematico di ripicche eccellenti e strali giudiziari è stato La Pantera Rosa del 2006 con Steve Martin. Pino Colizzi viene incaricato dalla Fox Italia di dirigerne il doppiaggio. Compie tutto il lavoro ma alla prima proiezione con i responsabili della Fox ha un piccolo diverbio.
Questi non ci pensano due volte e contattano un altro capo doppiaggio (Tonino Accolla, voce storica di Eddie Murphy) cui fanno ridoppiare i due protagonisti (Closeau passò da Mario Cordova a Marco Mete) con voci più comiche e dialoghi più stravaganti.
Colizzi fa causa alla Fox Italia per chiedere il reintegro del suo lavoro e la perde. Ma dopo 3 anni, per il sequel del film, i produttori americani si rivolgono nuovamente al Colizzi, anche se la parte dell’ispettore Closeau rimane a Mete.
Fonte: “Intervista a Pino Colizzi” http://www.asinc.it/as_01_039.asp
A riprova che il doppiato avrà lunga vita in Italia cito il seguente episodio. Filippo Ottoni ha curato la direzione di Flags of our fathers e Lettere da Iwo Jima di Clint Eastwood. Il secondo era girato tutto in giapponese, tranne tre scene ambientate in America. Ottoni disse ai responsabili “Il film è dieci volte più bello di Flags of our fathers, però non ha senso doppiare solo quelle tre scene.”
Ma per volere di Clint Eastwood, che voleva portare lo spettatore ad identificarsi con i giapponesi, il film uscì solo con i sottotitoli, col risultato che Flags of our fathers (doppiato) incassò 5 volte di più di Lettere da Iwo Jima sottotitolato.
Fonte: “Intervista a Filippo Ottoni” http://www.asinc.it/as_01_035.asp
Ma il doppiaggio deve rimanere fedele all’originale o puntare, quando necessario, a modificarlo in meglio?
Per Pino Colizzi “..il doppiaggio può al massimo peggiorare un film perché scrivere dialoghi migliori che non traducano esattamente quelli del film, vuol dire tradire lo spirito del film.”
Di diverso avviso Mario Maldesi che cita il caso di Frankestein Junior, il film che ha incassato molto di più in Italia che in Francia, Spagna o Germania in virtù di un testo e di una interpretazione particolarmente ispirati.
All’inizio nessuno ci aveva scommesso e una prima proiezione di prova a Roma, ante doppiaggio, non aveva destato entusiasmi. Lo stesso dialoghista, De Leonardis, in prima battuta fece un adattamento piatto, senza stravolgimenti. Maldesi decise allora di rimaneggiare in toto il copione, creando nuove gag e sfruttando il contributo dei doppiatori a disposizione, a cominciare dal grande Lionello. Frankestein Junior è l’esempio del valore aggiunto che può conseguire il doppiaggio: un film già molto bello di suo che in Italia ha spopolato grazie alla versione doppiata.
Sempre Maldesi è protagonista di un altro caso, occorso con il doppiaggio dell’Esorcista di Friedkin. A spese della Warner, lui vola in America e discute con Friedkin tutti i dettagli. Ad esempio, anche come impostare il turpiloquio: se era più incisivo dire troia o puttana, pompinara o succhiacazzi.
Tutti d’accordo, Maldesi procede col casting e torna in America, con Laura Betti prescelta per Regan e accompagnata dal medico perché aveva paura di volare. Friedkin le chiede di lavorare a Los Angeles per seguire direttamente il lavoro ma la paura di volare le impedisce di tornare, così doppiano tutto a Roma. Niente di male. Il problema scoppia col missaggio finale: gli americani lo fanno senza aspettare l’arrivo di Maldesi, lui scopre che hanno reso le voci nasali per renderle più americane e si incavola di brutto. Il direttore del missaggio chiama Friedkin e dopo ripetute discussioni Maldesi lo convince delle sue opinioni: senza dolersi troppo del tempo sprecato il missaggio viene reimpostato secondo l’impostazione del direttore italiano.
Fonte: “Intervista a Mario Maldesi” http://www.asinc.it/as_01_033.asp
4. IL FENOMENO DEL RIDOPPIAGGIO
Ultimamente si sta affermando la tendenza a ridoppiare film già doppiati, spesso per film datati per i quali si vuole migliorare la resa sonora in occasione del lancio del prodotto destinato all’home video.
Questo a onor del vero è avvenuto già nel passato: a titolo di esempio cito La finestra sul cortile ridoppiata nel 1984 (la voce di Stewart passò da De Angelis a Piazza) e Gilda ridoppiata nel 1978, con la voce della Hayworth della Lattanzi che fu affidata alla Febbi.
A volte il ridoppiaggio appare più una scelta di marketing che altro. Lilli e il vagabondo nel 1955 poteva annoverare voci famose: Pino Locchi, Tina Lattanzi, Rosetta Calavetta e Nando Gazzolo. Nel 1997 viene ridoppiato con le voci di Claudio Amendola, Marco Columbro, Nancy Brilli e Marguerita Buy. Tutta brava gente, per carità, ma c’era proprio bisogno di eliminare le voci d’epoca?
Altro caso che ha creato un certo disappunto è quello del leoniano C'era una volta in America. Nel luglio del 2004 esce il DVD, con un doppiaggio italiano del tutto diverso rispetto all'originale del 1984, peraltro supervisionato dal regista stesso. Perché? Ufficialmente fu detto che la traccia originale
fosse disturbata e piena di fruscii. In realtà la colonna audio non presentava disturbi ma era stata realizzata in mono e per uniformarla alle altre lingue (inglese e francese) in stereo fu deciso di rifarla ex novo. E così la voce di De Niro passa da Ferruccio Amendola a De Sando, peraltro bravo.
Nel caso la nuova edizione di un film venga arricchita di nuove scene succede, a volte, che ci sia una semplice integrazione tra vecchio e nuovo, in altri casi è il pretesto per ridoppiare il tutto. Ad esempio, L’infernale Quinlan di Orson Welles è stato ridoppiato per l’uscita dell’edizione Director’s cut del 2003 (si passa da 95’ a 112’), col risultato che ci siamo giocati le voci originali di Emilio Cigoli, Giorgio Capecchi e Maria Pia di Meo. E molto del sapore da cineteca del film.
Caso controverso di ridoppiaggio è quello di Brian di Nazareth, ridoppiato nel 2007 per l’uscita del DVD “The immaculate edition”. Il primo doppiaggio denotava delle pecche, per me, ma c’è chi per la nuova edizione ha gridato allo scandalo parlando di voci stile Bagaglino. In parte concordo, forse siamo caduti dalla padella alla brace.
Come si vede, il fenomeno non è marginale e non è limitato ai “vecchi” film. Le motivazioni, oltre che tecniche sono anche (e soprattutto) economiche, dato che acquisire i diritti sul doppiaggio originale può risultare più costoso che procedere ad un rifacimento integrale. E i doppiatori d’oggi non sono che contenti.. Si torna quindi al contrasto qualità vs. economicità e al poco rispetto da parte dei distributori per chi fruisce dei loro film e gradirebbe magari ascoltare i doppiaggi originali.
In proposito, segnalo che al link http://www.ciakhollywood.com/antiridoppiaggio/ è disponibile un lungo elenco di film ridoppiati e anche un interessante confronto diretto tra alcune versioni passate e nuove.
5. IL BINOMIO ATTORE-DOPPIATORE E ALCUNE VOCI CELEBRI
Storicamente il doppiaggio italiano ha registrato il connubio tra attore famoso e voce del doppiatore: il più delle volte il binomio veniva mantenuto. Tra le voci più famose ricordiamo Emilio Cigoli (Gregory Peck, Clark Gable, Burt Lancaster, John Wayne), Gualtiero De Angelis (James Stewart, Cary Grant), Tina Lattanzi (Greta Garbo, Joan Crawford, Rita Hayworth) , Lidia Simoneschi (Barbara Stanwyck, Deborah Kerr), Massimo Turci (Anthony Perkins, Alain Delon), Pino Locchi (Tony Curtis, Sean Connery, Roger Moore, Sidney Poitier), Giuseppe Rinaldi (Paul Newman, Jack Lemmon, Peter Sellers).
A partire dagli anni 90 il binomio è stato sempre meno indissolubile e questo è avvenuto su pressione dei committenti che volevano ridurre il potere contrattuale delle voci più affermate. Risultato è che negli ultimi film Jack Nicholson ha avuto 8 doppiatori diversi, Tom Hanks almeno 6, la Kidman e Bruce Willis pure.
Se tutti i direttori di doppiaggio proclamano che la scelta dovrebbe avvenire per soli criteri artistici, nella pratica dei fatti sono guidati dai distributori che vogliono contenere il budget.
Si arriva all’estremo che per La guerra dei mondi la voce storica, Roberto Chevalier, all’ultimo tuffo è stata sostituita da un’altra (per renderlo più giovane, hanno detto alla Dreamworks) col risultato che il trailer presentato ai David di Donatello aveva ancora la voce di Chevalier.
Fonte: CHI di maggio 2005
Chi dovrebbe contrastare il fenomeno sono gli spettatori ma... lo fanno? Sì alcuni fan sfegatati possono scrivere decine di mail ma di solito la maggioranza ci passa sopra e i critici se ne fregano (storico lamento dei doppiatori è di non essere mai stati considerati dalla critica). Ad esempio, Eastwood in Million Dollar Baby è stato doppiato da Merli invece che da Kalamera (doppiatore conosciuto e gradito allo stesso attore).
E’ curioso poi ricordare la versatilità del mitico Ferruccio Amendola, oltre a doppiare assi del calibro di Hoffman, Al Pacino, De Niro e Stallone, ha fatto di tutto in carriera. E’ riuscito a doppiare 6 personaggi minori nello stesso film Di Tressette ce n’è uno, tutti gli altri son nessuno (un vecchio mendicante, un bandito grasso e pelato, due pazzi, un uomo incappucciato ed un bandito) e in Stanza 1717, palazzo delle tasse, ufficio imposte fa parlare tra loro Philippe Leroy, il vecchio Capannelle ed un usciere. In una commedia erotica italiana interpreta una voce femminile, un asino parlante in un film dell’Est europeo, e pure Paola Borboni in un altro film. Per non parlare della pubblicità del Vernel.
La questione doppiaggio, p. 139, http://www.aidac.it/att_001.html
Ecco una breve carrellata su alcune voci attuali, utile per capire quanti incroci ci siano, non solo tra attori ma anche tra generi e media diversi.
Pino Insegno: Aragorn, Pocahontas, Keanu Reeves, Diego nell’Era glaciale, cartoni vari
Chiara Colizzi: Kidman (bravissima in The Others con una voce impalpabile, sussurrata) Thurman, Winslett di Titanic, Paltrow. Decine di telefilm e soap.
Francesco Pannofino: Clooney, Crowe e Washington, Madsen in Kill Bill, Tom Hanks in Forrest Gump
Cristina Boraschi: Roberts, Bullock, la Meg Ryan di c’è posta x te.
Laura Boccanera: Jodie Foster e in parte la Roberts, Moneypenny in 007, la Bellucci agli esordi, varie soap, innumerevoli cartoni animati.
Luca Ward: Crowe e L. Jackson, Brosnan bondiano, Reeves in Matrix, Hugh Grant, vari telefilm e soap.
Ilaria Stagni: Wynona Rider, Lopez e Barrymore, la Theron in Monster, la Masterson in Pomodori verdi fritti, Burt dei Simpson, Culkin in Mamma ho perso l’aereo, la Longoria in Desperate housewives
Roberto Chevalier: Tom Cruise e in parte Tom Hanks (poi “scaricato”).
Mario Cordova: Richard Gere ma anche Irons, Defoe e Malcovich.
Lorenza Biella, doppiatrice della Dunaway, fu complimentata da Kubrick per il doppiaggio della donna cecchino in Full Metal Jacket .
Tonino Accolla: la voce (e risata) di Eddie Murphy che lo ha elogiato durante un talk show americano; Homer Simpson, molte attività come direttore del doppiaggio
Romano Malaspina: Roger Moore, Goldblium, Scheider ma anche Actarus di Goldrake
Carlo Valli: Robin Williams, Russell, teatro e direzione del doppiaggio.
E per capire quanto sia solito tramandare questo mestiere voglio citare il caso della famiglia Ward.
Andrea/Monica e Luca Ward sono figli di Aleardo Ward, pure lui doppiatore. Lavorano nel settore anche i figli di Luca (Guendalina) e di Andrea (Aleardo jr e Mattia). E non è un caso isolato.
Fonte: CHI di maggio 2005
6. DOPPIAGGIO SI’ DOPPIAGGIO NO
Molto è stato detto sull’opportunità di far tradurre i film stranieri. Mi limito a osservare che i gusti del pubblico privilegiano sicuramente il doppiato e che io, pur avendo diversi dvd multilingua, quando rivedo un film preferisco la versione italiana per godermelo di più e non perdere certe sfumature.
Alla fine, i famosi contenuti-extra e le lingue quanto spesso vengono utilizzate? Secondo me, meno di quanto si creda.
L’alternativa classica al doppiaggio, diffusa soprattutto nei paesi del nord europa, sono i sottotitoli.
Rispettano l’originale (a favore si sono spesi registi come Almodovar o Loach) e aiutano ad imparare le lingue straniere ma obbligano lo spettatore a distogliere lo sguardo dall'inquadratura e costituiscono un duplice adattamento perché devono rispettare esigenze di lunghezza e persistenza sullo schermo.
Infatti i sottotitoli, che di solito occupano la parte inferiore dello schermo (un 15% del totale, corrispondente a 2 linee), dovrebbero comparire tra l’inizio e la fine della battuta ma quando il montaggio è frenetico o ci sono più voci, bisogna comunque rispettare il tempo minimo di lettura di un sottotitolo (1-2 secondi per la gran parte delle lingue) e questo costringe il traduttore ad abbreviare e perdersi molte parole per strada. Poco importa che le nuove definizioni degli schermi permettano uno spazio maggiore, il limite umano della lettura rimane.
In alcuni paesi dell’est europeo (es. la Polonia), i film stranieri sono adattati mantenendo la voce originale ma con un volume più basso, alla quale si sovrappone la voce di un lettore (l’effetto è uguale ai documentari). Una macedonia che vorrebbe salvare capra e cavoli ma che ammanta l’intero film con un tono triste e terribilmente monocorde.
ARTICOLO INSERITO DAL BENEMERITO CAPANNELLE
10 Novembre 2009 16:32
11 Novembre 2009 12:04
Grazie. Di Baldini quale personaggio ti è piaciuto particolarmente?
11 Novembre 2009 21:28
12 Novembre 2009 13:30
12 Novembre 2009 15:27
Vero, ne ho letto qualcosa. Però è un esempio interessante di quando si prevedono sfracelli (in negativo intendo) e poi nella realtà va tutto bene (quel film io lo amo, anche con Proietti).
13 Novembre 2009 12:07
14 Novembre 2009 10:50
16 Novembre 2009 10:35
Infatti per circa 8 anni ho vissuto grazie al doppiaggio (pochissimo ed esclusivamente di film HARD) e parlati pubblicitari, di palinsesto, oroscopi, etc...
Confermo che la pubblicità, palinsesto, oroscopi ovvero i PARLATI in genere sono mooolto più remunerativi e mooolto meno impegnativi!
Aggiungo inoltre che in genere i film hard sono quasi totalemnte doppiati a braccio(improvvisando) e che i lecca lecca (per le doppiatrici) vanno via come il pane!
Ottimo speciale CAPANNELLE!
16 Novembre 2009 12:20
Penso che doppiare un porno sia un'esperienza che ciascuno di noi vorrebbe provare ma che venga a noia prestissimo. Confermi? E le prime volte si riesce ad essere seri?
16 Novembre 2009 19:58
Ottimo lavoro, Capannelle.