Un Anthony Perkins abbonato ai ruoli da alienato apre il film in uno stato di semi-inconscenza e non è che le cose miglioreranno granché per lui, proseguendo. Si ritrova in un albergo senza ricordare quasi nulla e subito contatta, per aiutarlo, un suo ex professore (Piccoli), che in seguito lo raggiungerà nella villa dove il giovane abita assieme ai genitori. Ma i veri gradi di parentela tra i protagonisti riserveranno qualche sorpresa, rispetto all'apparenza di una normale famiglia composta da padre (Welles), madre (Jobert) e figlio (Perkins). Il professore, che nel romanzo di Ellery Queen da cui Chabrol ha tratto il film è proprio... Ellery Queen, è l'elemento esterno, la mente deputatata a comprendere...Leggi tutto cosa si nasconda dietro alla strana macchinazione di cui sembrano vittime i Van Horn. Prima di tutto c'è un ricatto: in cambio di una grossa somma di denaro un uomo misterioso dice che brucerà le lettere d'amore scambiate tra la madre (non biologica, come presto si scoprirà) e il figlio. Le implicazioni "gialle" della trama si percepiscono già con chiarezza ed esploderanno nell'ultima parte, ma sono per la gran parte della durata seppellite sotto una pesante sovrastruttura da dramma a tinte fosche, con Welles che domina la scena oscurando non solo il solito Perkins “rintronato” e una Jobert del tutto succube del marito ma - quel che è più grave - un Piccoli (doppiato da Renzo Montagnani!) che non riesce a trovare lo spazio giusto per emergere come il suo personaggio dovrebbe: lontano dall'ironica brillantezza sempre sorprendente di Queen, è un compassato professore messo lì ad ascoltare quel che accade senza suggerire quasi mai nulla d'interessante. E' chiaro che la chiave della soluzione non potrà che venire da una sua intuizione, ma nel corso della permanenza in villa si lascerà guidare dai ragionamenti di chi gli sta di volta in volta di fronte mostrando un atteggiamento troppo passivo. Chabrol si perde tra le scenografie sfarzose e addormenta il ritmo lasciando che i minuti passino senza che si percepisca cosa davvero accada di vagamente importante in scena. Prima di comprendere che non siamo semplicemente in una pachidermica dissezione di sciocche problematiche da borghesi annoiati tocca aspettare il primo furto simulato, dal quale finalmente derivano considerazioni su presunti complessi d'Edipo che condizioneranno il proseguio. Ma per reggere l'ambizione della soluzione grandiosa offerta dal romanzo, con tutte le implicazioni relative (che sfondano nel misticismo), c'era bisogno di più spazio in modo da non farle apparire (come invece appaiono) un'appendice posticcia risolta sbrigativamente, affidata quasi esclusivamente alla straordinaria recitazione di Welles.
Il film è inferiore al romanzo, uno dei gialli migliori, a livello mondiale, del Novecento. Gradevole l'ambientazione in Francia, straordinaria la presenza di Orson Welles, Perkins ha i soliti tic, Piccoli forse inadatto al ruolo. Si sente che manca qualcosa, per cui la sensazione finale è di incompiutezza.
Attendere la parola FINE, prima di uscire dalla sala o di spegnere la tv...
Curioso esercizio stilistico, nonché giallo astratto, con spruzzi di bella visionarietà. Chabrol, più che la continuità narrativa del libro di Ellery Queen, insegue le evocazioni soggettive dei personaggi su lunghi piano sequenza, azzerandone al contempo la cifra psicologica e traducendo il film in una metafora del rapporto uomo/Dio, individuo/ordine universale, che non irride l'istituzione cattolica, ma scandaglia la necessità del sacro aldilà della pulsione masochista legata ad essa (con appesantimenti retorici nel finale). La celebrata interpretazione di Welles non è poi niente di ché.
Biblico, edipico, magniloquente. Un dramma familiare modellato sulla struttura gialla del romanzo di Ellery Queen da cui è tratto e consegnato nelle mani di un cast internazionale di tutto rispetto: Welles (doppiato da Gaipa) giganteggia, attorniato da Perkins e Piccoli (doppiato da Montagnani). Capatina di Alberti, Sciuto e Sanipoli per la quota italiana. Ambienti ricercati ed eleganti, in contrasto con le inquadrature a soqquadro - adatti all'animo tormentato di Perkins - all'inizio del film.
Giallo-dramma abbastanza lento e pesante, non privo di fascino e di suggestioni dovute all'incantevole ambientazione (la villa di campagna), ma soprattutto al variegato e valido cast. La vicenda è molto interessante (tratta da un famoso romanzo giallo di Ellery Queen), ma il tocco di Chabrol, probabilmente per volontà del regista, non rende l'inquietudine, soffermandosi sulla morbosità del rapporto familiare.
Forse il miglior film di Chabrol. La sua cinematografia, votata alla denuncia delle ipocrisie della borghesia francese, prende spunto dal romanzo di Ellery Queen, per inscenare un dramma familiare che si svolge, tuttavia, nella vita oziosa dell'ennesima famiglia borghese. Il delitto, il colpo di scena e il vizio sono delle costanti della sintassi narratologica di Chabrol. Ma in questo caso, attraverso un uso sapiente dei piani sequenza, delle inquadrature ad effetto, ne risulta una regia superlativa, a mio modesto avviso da premio Oscar.
C’è Welles (dio-padre-padrone) che parla e straparla, ma lo fa con tale classe ed in modo così sublime che staresti lì ad ascoltarlo (in inglese, of course) fino alla fine dei tempi. Però ci sono anche troppi altri personaggi che straparlano e la cosa non giova al film che, diamine, dovrebbe essere un thriller. Verboso stavolta fa rima con noioso ed alla fine il “senso” dell’opera appare molto banale, pretestuoso ed anche spocchioso. Gran cast che avrebbe però meritato miglior sorte.
Claude Chabrol sulle orme di Alfred Hitchcock? Ni. Storia che incuriosisce ma non coinvolge come dovrebbe, con un trio di attori (Perkins, Piccoli e soprattutto Welles) veramente eccezionale. I dialoghi tra i protagonisti sono scritti benissimo.
Tratta dal romanzo di Ellery Queen, è una trasposizione magniloquente, quasi titanica. Chabrol ama far cadere la borghesia nel baratro, ma questa volta la caduta assume le dimensioni epiche di una tradegia famigliare. Sebbene la durata si faccia sentire e il finale si sfilacci senza concludere in modo adeguato, non si può non apprezzare il fatto che Welles, Perkins e Piccoli riescano far procedere il film grazie alle loro ottime interpretazioni. Notevole anche la cura formale, tra ambientazioni eleganti e inquadrature ben studiate.
Un delitto inspiegabile nasce nelle trame ingarbugliate di una famiglia complicata, dove si confondono i ruoli e dove c'è un elemento patologico (naturalmente interpretato da Anthony Perkins). Come sempre in Chabrol, la componente "gialla" cede il passo a quella drammatica, ma qui si va oltre, con risultati quanto mai discutibili e incomprensibili. Vale solo per la presenza di attori fuoriclasse.
Nonostante l'ispirazione a un famoso romanzo di Ellery Queen, anche stavolta in Chabrol il giallo non è il fine, ma il mezzo per lanciare i suoi strali alla ricca borghesia e ai suoi scheletri nell'armadio. Si svolge quasi tutta all'interno di una splendida villa questa vicenda che assume i contorni della tragedia greca, raccontata con una certa lentezza ma capace di coinvolgere lo spettatore, anche per merito del cast: Welles straripante, Perkins in un ruolo alla Psyco, Piccoli prende quota nel finale, di sfuggente sensualità la Jobert.
Professore invitato nella villa di un suo ex allievo schizzato scopre che questi ha una relazione con la giovane matrigna, nonostante entrambi siano succubi del padre-marito-padrone... Chabrol affronta il testo di Queen come se fosse un classico greco, appesantendo la narrazione di citazioni, simboli e rimandi che tirano in ballo pure i comandamenti biblici. Se a questo si aggiunge il peso preponderante di Welles che schiaccia all'angolo non solo lo scontato Perkins ma anche il più fine Piccoli, ecco confezionato un giallo con ambizioni autoriali indigesto come una peperonata a cena.
Un giallo tutto sommato semplice nella motivazione (che si scoprirà alla fine) viene reso lambiccatissimo da una serie di riferimenti biblici e da un andamento iniziale che rende interdetti più che avvincere con l'intrico della trama. Lento, poco perspicuo nei passaggi decisivi e tutto sommato deludente nello scioglimento. Perkins d'annata, ma inessenziale. Il film è giocato tutto fra gli ammicchi del monolitico Welles e le finezze di Piccoli, qui peraltro non sfruttate a pieno: poca roba.
Esempio infelicemente vituperabile di cinema tanto promettente sulla carta e così irrimediabilmente deudente alla visione.Tanto da riguardarlo ogni volta nella speranza di ritrovarvi un filo nascosto e ricadere nella frustrazione. La regia altrove sottilmente ieratica di Claude soccombe di fronte sia alla materia del romanzo di Queen, che avrebbe forse necessitato un azzardo visionario, che (parrebbe) di fronte alla prodigiosità macbethiana di Orson. Piccoli tiene testa con mestiere e classe ma Perkins e Jobert si (in)adeguano alla molle pesantezza di regia e script.
Si sa che per Chabrol il giallo è sempre un mero pretesto e tale rimane perfino quando il soggetto è tratto da Ellery Queen. Parziale delusione, perché a fronte di cose intriganti (la scansione temporale in dieci giorni che richiama i dieci comandamenti, i flashback, alcune inquadrature allucinate) la sostanza si perde sovente, facendo apparire anche il bel finale incollato con lo scotch. Welles riempie la scena con la sua sola mole, Piccoli resta un convitato di pietra che non emerge come dovrebbe, Perkins (il migliore) dà una prova sofferta benché in odore di déjà vu.
MEMORABILE: L'allucinato risveglio iniziale di Perkins in albergo e il morboso flashback dell'adozione della moglie-bambina.
Come sempre Claude Chabrol usa il giallo per raccontare il nido di vipere che si annida tra le relazioni familiari nel mondo della borghesia. Qui poi si sprecano i riferimenti al suo amato Hitchcock (con la presenza oltretutto di Anthony Perkins), mentre Orson Welles giganteggia in un ruolo di padre padrone che sembra fatto apposta per lui. Messa in scena elegante per un piccolo gioiello.
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Buiomega71 ebbe a dire: Ottima segnalazione, io ho la vhs Multivision.
Ciao amico mio.
Che tu sappia, la tua edizione in vhs è differente in quanto a metraggio rispetto al master mediaset che spesso gira in tv?
Grazie,
Mco
Mco ebbe a dire: Buiomega71 ebbe a dire: Ottima segnalazione, io ho la vhs Multivision.
Ciao amico mio.
Che tu sappia, la tua edizione in vhs è differente in quanto a metraggio rispetto al master mediaset che spesso gira in tv?
Grazie,
Mco
Ciao Mco, felice di rileggerti. Non sò il metraggio della versione televisiva, ma la mia vhs Multivision dura esattamente: 1h, 43m e 20s.
Buiomega71 ebbe a dire: Mco ebbe a dire: Buiomega71 ebbe a dire: Ottima segnalazione, io ho la vhs Multivision.
Ciao amico mio.
Che tu sappia, la tua edizione in vhs è differente in quanto a metraggio rispetto al master mediaset che spesso gira in tv?
Grazie,
Mco
Ciao Mco, felice di rileggerti. Non sò il metraggio della versione televisiva, ma la mia vhs Multivision dura esattamente: 1h, 43m e 20s.
Molte grazie, sempre precisissimo.
Appena riesco raffronto col master mediaset.
Piacere sempre mio.
Ciaooooo
CuriositàFauno • 17/03/18 18:16 Contratto a progetto - 2743 interventi
Dalla collezione cartacea Fauno, il flano del film: