Lavoro interessante. Basato su un romanzo spagnolo, strizza l'occhio alla letteratura russa (ossia racconta il tragico all'interno di vite normali) declinandola in chiave brillante, infondendo nella messa in scena un'ironia tutta francese e un tocco pirandelliano (spettatori e spettacolo vanno a confondersi). Un risultato curioso a cui allo spettatore viene voglia di dare epiloghi differenti.
MEMORABILE: I dialoghi in cui la lettura del racconto si confonde con la realtà e gli autori ne discutono
Ozon realizza un'opera su un tema complesso – la difficoltà di scrivere, sicuramente per il cinema – utilizzando l'alter ego del protagonista, il professore di lettere interpretato da Luchini, che viene prima incuriosito, poi stimolato e infine soggiogato dal suo alunno più brillante (l'ottimo Ernst Umhauer), autore/protagonista di uno script intrigante. Lavoro ricco di citazioni letterarie e cinematografiche, con una sceneggiatura non sempre brillante e un tono incerto, ma con un'apertura e un finale notevolissimi. Cibo per la mente.
La finestra sul cortile non basta più; per farsi gli affari degli altri tanto meglio entrare direttamente in casa, soprattutto se si è giovani ribelli scrittori con un debole per l'ipocrisia e l'ottusità della borghesia e se si ha un professore talmente avido di nuove storie da aiutare l'alunno a crearle - nel mondo reale, non su carta - ad hoc. Un film sulla creatività, in bilico tra finzione e realtà, uno sliding doors da camera, un atto d'amore leggermente morboso per la scrittura, elegante e creativo nella messinscena.
Bello ed intrigante questo saggio sulla scrittura e più in generale sulla creazione artistica. La scrittura come potente mezzo di creazione e manipolazione della realtà (ad un certo punto il confine tra vero e falso si mescola in modo inestricabile), ma anche l'importanza della visione (dello spettatore) dietro il cui sguardo si nascondono tanti punti di vista e che è necessaria per il pieno completamento dell'opera stessa. Ozon scrive e dirige con mano sicura, dando vita ad un "gioco" pieno
di spunti interessanti e per nulla banali. Da vedere, magari anche più di una volta.
Dal banco dell'ultima fila si può vedere tutto, non visti se non dal professore. Forse stanchi della propria monotona vita si vuole entrare in quella degli altri, nelle case degli altri. Case borghesi, apparentemente ricche e felici... entrare per spiare, per rubare. Non per rubare oggetti, ma sentimenti. La chiave per entrare? La donna. La donna di casa, della casa borghese, la donna che odora di borghese. Sembra di poter seguire, di poter capire quel corretto, ma insolito, compito di lettere, poi realtà e immaginazione si fondono.
"Sotto al film" c'è molto.. Purtroppo la sceneggiatura aiuta poco, molti passaggi sono forzati (il furto del compito di matematica, i baci, i Rapha che agiscono come parodie riportando sempre tutto al gioco di squadra e al basket, lo stesso destino della famiglia dei Rapha, il tentativo maldestro di strangolamento) e l'unico appiglio resta un finale aperto, senza speranza.
Professore di letteratura in un liceo si imbatte in uno studente che pare avere, al contrario di lui, il dono della scrittura. Ne nasce un rapporto ossessivo in cui i ruoli di maestro/lettore e studente/autore si confondono, portando alla "perdizione" uno dei due, quello che ha più da perdere. Perdizione che, prima di diventare tale, è smarrimento dentro il racconto e le sue varianti potenzialmente infinite. Metafora della creazione artistica che intriga come un thriller, sostenuta da un cast perfetto, con un bellissimo finale aperto ed ambiguo, una delle opere migliori di Ozon.
MEMORABILE: Gli intervento del professore "dentro" il narrato - Il finale sulla panchina
Inizio con gli ideali francesi in bella mostra (uguaglianza, fratellanza) per deviare sull’intimità che, dietro il paravento della letteratura, affonda nella morbosità. Piccolo trattato su come saper scrivere, ha il merito di affascinare la bolla di sapone della sceneggiatura che la butta in una farsa credibile. Buone trovate per legare gli scritti e qualche pomposità di troppo lo rendono interessante ma imperfetto. La Scott Thomas sempre brava e un indovinato sguardo del protagonista.
Film insolito, non si capisce bene dove voglia andare a parare; però, come fino a ora Ozon ha dimostrato, la messa in scena è di buonissimo livello, gli attori meritevoli e si è curiosi di conoscere l'epilogo. Originale l'immagine finale. Mi ha ricordato, nello svolgimento, nell'ingranaggio che si crea (con tantissimi "distinguo"), Un gioco da ragazze di Rovere.
Cinema "a tesi" la cui narrazione rimanda ininterrottamente all'esemplificazione del rapporto tra realtà è finzione, scava con le sue immagini nelle scaturigini della creazione, nei processi di falsificazione e incanto. Ma l'inverosimiglianza è negli stessi personaggi che rappresenta, clamorosa nel professore che rinfocola sconsideratamente una psiche adolescenziale deviata disattendendo alla sua professionalità, e l'evoluzione, le dinamiche relazionali sono sempre condotte per mano, dimostrative, forzate pur nei loro momenti teorici illuminanti. Intelligente, ironico anche, ma cattedratico.
Inconsueta, piuttosto intrigante commedia, attraversata da una vena di corrosiva ironia. Ozon dopo Angel ritorna sul tema del rapporto tra realtà e finzione letteraria e confeziona un film lieve e graffiante, che poggia quasi esclusivamente sulla prestazione di un gruppo di interpreti in stato di grazia, tra i quali spicca Fabrice Luchini nella parte del professore, figura di intellettuale perplesso, frustrato e spassosamente imbranato, che ricorda a tratti il Woody Allen delle migliori annate. Nel complesso, assai gradevole.
Il gioco di Ozon, prima metalinguistico che metacinematografico, è giocato tutto allo scoperto epperò rischia non di meno di baloccarsi eccessivamente, impermalosendoci invece di trastullarci. Il difetto eminente del regista di Swimming pool (esito migliore del suo cinema) continua a esser quello di porre premesse che non pare disposto a seguir fino in fondo (al contrario di Haneke), col risultato che a lungo andar l’intrattenimento (e la provocazione) si sviliscono. Indiscutibile la resa degli attori, dal marpione Luchini alla Seigner dai sexy solchi.
MEMORABILE: Il bacio di Rapha figlio al compagno Claude; I duetti a letto tra Luchini e la Scott-Thomas (molto Sandra e Raimondo).
Quando la realtà e l'immaginazione cominciano a fondersi insieme è facile indurre lo spettatore in uno stato di confusione; ma quello che si avverte nel film di Ozon è più una curiosità morbosa, ben sostenuta da un racconto a "puntate" dal vago sapore ricercato. La scrittura è più che buona e ben congegnata, gli attori ottimamente assortiti. Tra questi spicca Fabrice Luchini per un'interpretazione davvero convincente. Da vedere.
Pellicola intrigante e originale che si sviluppa nel rapporto professore allievo raggiungendo punte di ossessione maniacale nell'osservazione familiare. Lo sviluppo narrativo non appare mai scontato e si avvale di un finale dubbioso. Ottimo il cast con la Seigner ancora bella.
Un regista in stato di grazia e un gruppo di attori eccellenti in un film che parte dalla letteratura e dalla finzione per approdare alla vita, parlando di una vasta gamma di sentimenti umani. Il potere della manipolazione in uno splendido duetto tra professore (un magnifico Fabrice Luchini, decisamente tra i migliori attori europei) e allievo, figure in strettissimo rapporto ed interdipendenti tra loro, come dimostra il finale. Molto raffinato e dalla sceneggiatura impeccabile, ad oggi il miglior film di Ozon.
Ozon reinterpreta brillantemente il voyeurismo e il conflitto immaginazione/realtà tramite una regia accorta e serrata che non si perde in orpelli criselefantini. Ma il vero miracolo sta nella fulgidezza della sceneggiatura che disegna personaggi memorabili (su tutti quello della Seigner, donna dotata di una carica erotica repressa e imprigionata in un matrimonio infelice). Il rapporto ambiguo e "morboso" instaurato fra l'allievo e il maestro avrà delle conseguenze inopinate per lo spettatore... Esempio lampante di cinema di classe.
Buon film di Ozon a descrivere una storia piuttosto intrigante che poggia su uno script ben strutturato e un parco attori in grado di dare corpo ai propri personaggi. Forse come regia poteva ogni tanto essere più ficcante e quegli intrecci all'interno della famiglia di Rapha sanno ogni tanto di schematismo. Ma nel complesso il gioco fantasia/realtà funziona e offre anche una bellissima chiusa finale.
Film molto pasoliniano (il poeta viene anche citato) in cui un seducente allievo ammalia con i suoi scritti il proprio insegnante, che lo esorta a continuare e lo aiuta a narrare le modalità con cui egli tenta di insinuarsi in un ambito familiare per romperne gli equilibri. C'è molta volontà di manipolazione tra allievo e professore, nel racconto; una volontà che a un certo punto diventa reciproca e il finale sorprendente ne è la perfetti sintesi. Attori perfetti e grande prova del regista, che crea una perfetta combinazione di suspense mescolando realtà e finzione.
Realtà fratto rappresentazione contro rappresentazione fratto realtà: chi è esponente o radice cubica di cosa? Il buco d'Ozon sposta di continuo il punto di apparente incontro delle rette parallele (la scrittura che si fa biografismo, e viceversa), e pur non perdendo in ambiguità narrativa barcolla quanto a capacità di perforazione emotiva: si assiste impotenti all'incedere dell'esercizio di cerebrale concettualità che pignora via via tutto l'arredo del film, fino a un epilogo che impone crudeli leggi newtoniane sull'incredulità fin là sospesa. Relazioni pericolose sponsorizzate dall'Hatù.
MEMORABILE: "Sai qual è di norma il finale Perfetto? Quello che il lettore non si aspetta, in cui tuttavia esclama 'Non poteva finire altro che così'!"
Sembrerebbe fare il verso a Morte a Venezia e presenta una sceneggiatura ingarbugliata con situazioni poco credibili. Pur tenendo conto della gerontofilia non mi ha convinto per il meccanismo tecnico di antitesi che lo contraddistingue, rendendolo poco fruibile, perlomeno visivamente parlando. Due mondi troppo distanti per incontrarsi e soprattutto per trovarsi. Ne riconosco lo stampo autoriale, ma non lo rivedrei. Troppo perfetto per essere autentico. Inconcludente.
Dalla geniale opera teatrale di Mayorga un film piuttosto fedele che racconta lo strano rapporto di un prof con uno studente che scrive delle sue incursioni nella vita di una famiglia ‘normale’. Un concentrato di sensi e complessità già nel testo originario (l’arte, la famiglia, la pedagogia, la realtà e la sua narrazione), che qui rimbalzano con la tipica sensibilità di Ozon di addentrarsi nell’ambiguità delle relazioni e soprattutto nella loro rappresentazione. Con una buona traduzione visiva e interpretativa che ne esalta il fascino.
Grandioso film di Ozon che pur basandosi su una pièce è più cinematografico che mai; sia in ciò che mostra che in quello che cela. La pellicola è attraversata da un certo voyeurismo hitchcockiano ma anche da dialoghi smaccatamente alleniani fra coniugi. La storia, pur semplice, crea una tensione crescente fino a confondere il piano della realtà filmica con quello della finzione letteraria raccontata all'interno dell'opera. Interpreti straordinari, regia impeccabile, ma soprattutto un piccolo gioiello di scrittura da non lasciarsi sfuggire.
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Grazie . Diciamo che il film meritava un'attenzione particolare in fase di commento. Per me, un'autentica sorpresa. Cede un filino nella parte finale, altrimenti il voto finale sarebbe stato d'obbligo. Ozon è da scoprire, visto che l'ho sempre evitato perché pensavo, chissà poi perché, fosse una rottura di zebedei. Nei prossimi giorni mi gusterò swimmimg pool, vero e proprio cult buiesco!
Galbo ebbe a dire: Film eccellente, ad oggi il migliore di Ozon, regista sempre più versatile. Raramente la manipolazione è stata raccontata dal cinema in modo così efficace.
non mi è spiaciuto (anche se negli ultimi 10 minuti l'incredulità da sospesa si schianta al suolo in millemila pezzi), ma se dovessi segnalare il migliore di ozon, anche quanto a efficace narrazione di un plagio, rimanderei qui. ma forse è troppo facile, essendoci dietro il fassbinder che guarda a martha.
Rebis ebbe a dire: Concordo sull'inverosimiglianza... di Ozon ti consiglio anche il polanskiano Sotto la sabbia.
credo che il finale possa salvarsi solo se lo si considera come un ennesimo sottofondo mentale e rappresentativo ma anche così a quel punto si scade in una deriva concettuale coatta e artificiosa. peccato perché di per sé la continua rifrazione tra atto di creazione e ripercussione biografica è un'idea che si mostra vittoriosa in più passaggi.