In pieno Ventennio, la storia vera del processo a un fascista, Tommaso Scalia (Fantastichini), reo confesso dell'uccisione di un suo superiore, di chi ha preso il suo posto nell'ente in cui lavorava e pure di sua moglie. Una condanna che pare scontata, pretesa anche dal popolo e che dovrebbe portare alla fucilazione. Invece il giudice Vito Di Francesco (Volontè) si frappone tra la decisione che tutti aspettano (imputato compreso) e la punizione che andrà stabilita attraverso il processo, senza pregiudizi o preconcetti di sorta.
Un film che spinge a riflettere sul valore della giustizia, sull'importanza delle decisioni, richiamate dal regalo che il giudice riceve (un...Leggi tutto libro di Dostojevskij) e dalle pause che i protagonisti si concedono prima di intervenire nel dibattito (non solo in camera di consiglio). E' un cinema antispettacolare, quello di Amelio, che di proposito evita i momenti salienti ricostruendoli attraverso la narrazione indiretta, rallentando i ritmi fin quasi a fermarsi, concentrandosi sulla resa superba di un cast sfruttato al meglio che trova nei tre protagonisti tre interpretazioni eccezionali. E se di Volontè si sapeva, se Fantastichini soprattutto in aula offre una prova a tratti memorabile, la vera sorpresa è l'esordiente Renato Carpentieri, che regala duetti di grande livello con Volontè (i due sembrano i meno inclini alle facili decisioni, in camera di consiglio) e dimostra quanto nel film l'intensità delle performance attoriali sia la qualità più evidente. A fronte però di alcune scelte che al contrario annientano fin troppo il coinvolgimento emotivo, a causa anche di una presa diretta imperfetta che spesso confonde i dialoghi amplificando i rumori e rendendo non sempre intelligibili le considerazioni dei diversi personaggi.
La direzione intrapresa da Amelio di una messa in scena incupita da una fotografia che annienta quasi del tutto il sole della Sicilia fa capire quanto si scelga di deviare, anche visivamente, dalle consuetudini legate a tempi e luoghi: dell'epoca fascista quasi nulla si respira, della Palermo tradizionalmente rappresentata anche, delle tensioni solitamente generate dal confronto in aula restano a testimonianza pochi confronti, e quello sul quale più Amelio si focalizza (con perizia) riguarda i turbamenti del giudice Di Francesco, le cui mosse in pochi (Scalia compreso) riescono a comprendere. Perché si ostina a porre domande apparentemente fuori luogo all'imputato? Perché pretende di testarne la salute psichica quando a tutti è evidente quanto sia nel pieno possesso delle sue facoltà? Un approccio interessante al genere, in apparenza tuttavia non troppo sincero e ricercatamente autoriale nelle sue pause infinite, nel suo procedere incappando in divagazioni di dubbia attinenza che allontanano dalla godibilità del film, che vive soprattutto di alcuni ottimi momenti e delle significative riflessioni su temi fondamentali legati alla società e alla maturità del rapporto tra uomo e giustizia.
1937: a Palermo un uomo (Fantastichini) uccide il superiore, un collega e sua moglie. Al processo non fa nulla per evitare la condanna a morte, ma incontra un giudice testardo e rigoroso (Volontè) che riesce a far emergere nuovi fatti (imbarazzanti per molti) che valgono come attenuanti. Rigore e capacità di analisi avranno così la meglio sulle convenienze altrui. Amelio offre una regia asciutta e profonda, una sceneggiatura essenziale (anche troppo) e una Sicilia lontana dai soliti clichè cinematografici. Ottima prova dei due protagonisti.
La migliore trasposizione cinematografica da uno scritto di Leonardo Sciascia è realizzata da Gianni Amelio in questo bel film che ha (tra l'altro) il merito di un'ambientazione siciliana che evita (pur raccontando un fatto di sangue) i soliti cliché di mafia, per raccontare un delitto che scopre piano piano tutti i suoi risvolti. Una bella e rigorosa sceneggiatura, una regia essenziale e due ottimi protagonisti (Fantastichini e Volontè) per un film importante.
Uno strano triplice omicidio con un reo confesso che vuole essere condannato, e un giudice che vuole vederci chiaro contro ogni logica apparente: questo l'intrigante plot noir-giudiziario di Sciascia trasformato in film da Amelio. Il film si impone, oltre che per il gusto filosofico della contraddizione (che è però anche richiamo delle regole civili) dello scrittore siciliano, per la magnifica gara recitativa di Volonté e Fantastichini: introverso e sofferto uno, vulcanico e schizofrenico l'altro.
Qual è il vero metro di giudizio per i condannati? Quello basato su un istinto creduto razionale e quindi distruttivo, o quello razionale che cerca le fondamenta degli atti sprovveduti e da "bestie"? Grande interrogativo che lascia il film. Ancora attuale per un mondo dove le leggi invece di approfondire le situazioni tendono a salvaguardarsi dalle coscienze della collettività. La storia dell'omicida è sensata e sembra quasi attrarre ammirazione per quell'essere che da bestia diventa vittima e quindi ribelle di una società morta. Ottimo Volontè.
Un giudice fa di tutto per non dar la pena capitale a un uomo (colpevole di aver ucciso datore di lavoro, collega e moglie), ma l'ergastolo. Volontè interpreta benissimo un introverso giudice contrastato dalle idee e dai colleghi che vivevano l'Italia fascista. Forse un po' troppo lento, ma Volontè fa dimenticare anche questo...
Bel film di Amelio, che racconta con garbo la storia del processo ad un omicida durante il Ventennio. La trama si sviluppa in modo molto interessante ed il cast è ottimo; solo la fotografia (eccessivamente cupa) non mi ha convinto. Amelio ha scelto delle vie inusuali per emozionare il suo pubblico, e devo dire che ha raggiunto il suo obiettivo. Più che giustificare il personaggio di Fantastichini, si è portati a pensare alla pena di morte in senso etico, e questo non è poco. Volonté, straordinario, è misurato ed intenso al tempo stesso.
Palermo anni '30: un grigio funzionario commette 3 omicidi, ma al processo non si difende e quasi invoca la condanna a morte, che del resto regime e opinione pubblica gli hanno già appioppato. Uno dei giudici della Corte si batte per garantirne i diritti, solo contro tutti. Fedele trasposizione del racconto di Sciascia, un apologo contro la pena di morte ma, più in generale, contro l'arbitrio del potere, tema illuministico caro al maestro siciliano. Volontè giganteggia. Il personaggio di Carpentieri è programmaticamente esemplare. Bravo Fantastichini.
Notevole prova registica di Amelio che, ispirandosi ad un libro di Sciascia (che si ispirò a sua volta ad un fatto veramente accaduto) dà vita ad un film estremamente interessante e lo fa con grande sobrietà senza cadere in facili schematismi ed evitando i clichè che i temi trattati potrebbero richiamare alla mente. Eccezionali le prove di Volontè (ma non è una novità), Fantastichini e Carpentieri.
Una lucida analisi contro la pena di morte durante il Ventennio che viene ben rappresentata dall'ostinazione di un giusto giudice pronto a scavare nei meandri di un chiaro triplice omicidio. Una narrazione asciutta e priva di orpelli che manifesta un'elevata forma poetica. I due interpreti sono magistrali e creano un'atmosfera che si fonde in un grande conflitto interiore.
Siamo di fronte ad uno di quei film che una volta finiti ti lasciano dentro qualcosa e ti fanno pensare. Notevole risultato che Gianni Amelio riesce a raggiungere raccontando con ritmo lento e aggiungendo poco alla volta elementi ad una storia apparentemente senza risvolti particolari. Grandi le prove offerte da Volonté e da Fantastichini, ma anche Carpentieri non sfigura, nel confronto con i due. Non si grida al capolavoro, ma l'opera è da vedere. ***!
Tra i più umanamente rispettosi e sinceramente innamorati autori del nostro cinema, Amelio dirige la sua opera, a dispetto del titolo, più conchiusa, in qualche modo più tradizionale. Giocan un ruolo decisivo la giusta distanza cercata (e peraltro trovata) rispetto a Sciascia e a Volontè, come anche i meccanismi del cinema giudiziario, a cui comunque deve obbedire. Film il cui ritmo pacato ma frastagliato (come impasto lasciato a lievitare) alla fine pare travolgere tutto sommessamente. Recitato fin troppo bene, possiede classe e si può definir un classico.
MEMORABILE: La scena iniziale di Fantastichini che entra nel suo ex ufficio, dominato dal busto di Mussolini; La festa in campagna a casa del giurato Carpentieri.
Un film che chiaramente si rifà alle atmosfere di La parola ai giurati, ma che ha il coraggio di uscire dalle stanze del tribunale e allargare la visione al clima psicologico che un regime, pur invisibile, può instillare e alla condotta che da esso ne deriva, collegata alle tradizioni di una terra dove tradimento e orgoglio sono fondamenta e pilastro del vivere civile.
Molto bello (***½). Che dire di Volonté? Grandissimo quando deve andare sopra le righe (come in Indagine), grandissimo quando, come in questo caso, deve invece sottorecitare. Film diretto e recitato benissimo (notevoli il composto Giovampietro e l'irrequieto Fantastichini), che ha la caratteristica di far provare tanta "pietas" per molti, ma un po' di meno - a dirla tutta - per l'imputato che, codice dell'epoca alla mano... Gustosi i quadri familiari. Senz'altro da vedere.
A chi interessa difendere la vita di un condannato certo, reo confesso peraltro, macchiatosi di tre omicidi e altri minori delitti? Chi è pronto a esporsi contro il pubblico e i suoi stessi colleghi affinché non si presieda a un processo già scritto e sbrigativo quando si tratta di dover decidere della vita di un uomo? Amelio affronta il tema della pena di morte ben sottolineando l'atteggiamento di chi ha la ghioglittina facile perché sa che la testa non è sua e mai nessuno la reclamerà. Film lodevole, di riflessione, ma non grandissimo.
In una terra avvezza all’omertà riesce a emergere l’onestà di un giudice nel trovare la verità dove sarebbe più facile una condanna a priori. Volonté recita quasi sommesso, scavato nella sua magrezza, ma riesce a mostrarsi sempre retto nel suo ruolo di magistrato. La lezione di moralità arriva senza clamore passando dai luoghi scuri delle stanze chiuse al sole che appare nel finale. Conclusione didascalica meno in linea che con l’umanità dei personaggi.
Paragonato ai drammi giudiziari d'oltreoceano, qui c'è tutta la passionalità mediterranea in un processo dove ancora si prevedeva la pena di morte nei casi di omicidi premeditati ed efferati. Il giudice interpretato dal grande attore che è stato Volonté rappresenta l'equilibrio, la vera faccia di una giustizia che nulla tralascia per poter emettere una sentenza che non sia solo la fredda applicazione di articoli penali, o, ancor peggio, di compromessi che guardano alla politica e all'opinione pubblica. Ottimamente sceneggiato e diretto.
MEMORABILE: Il tema letto dal nipotino, durante il pranzo.
Facile battersi contro la pena di morte se c'è il rischio di condannare un innocente, ma come la mettiamo se l'imputato codice alla mano la meriterebbe ed è il primo a invocarla? Film che dietro la facciata del dramma giudiziario solleva forti dilemmi morali. Cupo e spesso lento, ma sorretto da una bella sceneggiatura (la fonte è un romanzo di Sciascia), un'elegante ricostruzione d'epoca e un ottimo cast: Volonté intenso ma misurato, allucinato Fantastichini, ieratico Giovampietro, sensato Carpentieri. Adeguate le musiche di Franco Piersanti.
MEMORABILE: L'inizio; Le deposizioni dei testimoni al processo; Il discorso di Carpentieri in camera di consiglio; Il finale.
In pieno regime fascista, un uomo compie alcuni omicidi apparentemente inspiegabili. La condotta dell'imputato e la natura dei delitti sembrano rendere scontata la condanna a morte, ma... Fra i film ispirati a Sciascia, quello diretto da Amelio è uno dei migliori anche se non il più fedele: rigoroso nella messinscena che non ricorre a espedienti per rafforzare la tesi portante (l'imputato non suscita la nostra simpatia, ma comunque, come chiunque altro, non merita la morte di Stato) e sorretto da ottime prove da parte di un cast in stato di grazia guidato da un Volonté insolitamente sommesso.
Fa un po' storcere il naso, perché poteva essere un capolavoro e invece è stato sacrificato all'aridità registica a cui ormai sembra votato il nuovo cinema "impegnato" italiano. La storia è molto interessante e di stretta attualità se reinterpretata ai giorni nostri, Volonté fantastico in una delle sue interpretazioni più sobrie e Fantastichini più che convincente (ottimi i loro "duetti" in tribunale), ma la regia è piatta, lentissima, ammorbata da una fotografia troppo scura che soprattutto nella prima parte porta alla noia. Davvero peccato.
In una Palermo rarefatta alla fine degli anni 30, in un processo "scandalo" si svolge la lotta di un magistrato contro la pena di morte e, sembra, contro l'imputato stesso... Un falso giallo in cui le motivazioni degli omicidi non hanno una spiegazione finale liberatoria e che vive delle interpretazioni dei personaggi, un Volonté a cui basta uno sguardo contrapposto alla ferinità di Fantastichini; ago della bilancia la ragione del personaggio di Carpentieri, uomo del popolo ma non ignorante; film denso di riflessioni, peccato per la presa diretta sporcata dal forte rumore di fondo.
MEMORABILE: Il confronto finale tra il giudice di Francesco e Consolo.
Gianni Amelio HA DIRETTO ANCHE...
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
Ho capito e vi ringrazio molto.
Ma mi chiedo e vi chiedo: l'ispirazione di Sciascia riguarda solo il pensiero del giudice in questione o si riferisce a un vero processo?
Lo chiedo perché, codice dell'epoca alla mano, la condanna a morte, per un processo come quello messo in scena, mi pare obiettivamente inevitabile.
Credo di poter dire che il riferimento al fatto storico sia, in questo caso, la mera occasione che Sciascia sfruttò per una riflessione che gli appartiene in tutto e per tutto e che è alla base, direi, di tutta la sua opera non solo di scrittore, ma anche di saggista e intellettuale.
Sulla pena di morte in Italia, non ho statistiche sotto mano ma mi stupirei di scoprire che, come pena per reati ordinari, sia stata comminata in modo significativo. Tanto che, per i reati politici, fu necessario al Fascismo introdurre tribunali speciali di partito, più sensibili alle necessità del regime rispetto alla magistratura ordinaria.
Purtroppo non trovo nemmeno un link utile, almeno guardando rapidamente.
Tarabas ebbe a dire: Credo di poter dire che il riferimento al fatto storico sia, in questo caso, la mera occasione che Sciascia sfruttò per una riflessione...
Non capisco bene.
Di storico, cioè di reale, c'è solo il pensiero del magistrato o c'è pure anche una vera vicenda processuale?
Tarabas ebbe a dire: Che io sappia, si tratta di un processo realmente accaduto, ma non so quanto il romanzo rifletta il fatto reale.
Mi interessa "giuridicamente". La concessione dell'ergastolo per un fatto criminoso del genere (triplice omicidio premeditato), codice dell'epoca alla mano, pare infatti un po' inverosimile. Per questo sono molto curioso.
Del resto, i romanzi di Sciascia che partono da un fatto storico, ovvero che raccontano un fatto storico con elementi letterari aggiunti, non si contano, da La morte dell'inquisitore al Consiglio d'Egitto, a La scomparsa di Majorana (forse l'esempio più calzante, per certi versi), a La strega e il capitano, tutte le Cronachette.
Era una delle sue cifre.
Dopo aver letto la curiosità pubblicata da Gugly, ho trovato buffo notare come in questo video Volonté abbia solamente parole al miele nei confronti di Amelio :