Il film di Jörg Buttgereit (l’autore del cult NEKROMANTIK) racconta gli ultimi giorni dell'assassino chiamato “il killer del rossetto” (per via del rossetto col quale dipinge i corpi delle sue vittime). L’incipit ci mostra la prima pagina di un quotidiano che “strilla” la sua morte, avvenuta casualmente nel suo appartamento: caduto da una scaletta mentre imbiancava le pareti. Con un breve colpo di moviola che annuncia il via ai flashback, Buttgereit (senza seguire nessun ordine cronologico o quasi) “riporta in vita” il killer e ce ne illustra il carattere approfondendone la perversa psicologia....Leggi tutto Quello che già aveva fatto nei due NEKROMANTIK, in pratica. Spostando l’attenzione da un necrofilo a un serial killer, Buttgereit mantiene inalterati qualità e difetti del suo cinema. Tra le prime un approccio originale e radicale al tema, le capacità di mostrare quelli che potrebbero essere i veri sentimenti e i pensieri di una mente deviata, tra i secondi un’eccessiva presunzione che porta il regista a infischiarsene di rendere fruibile il prodotto anche a un pubblico maggiore: tempi dilatati, una lentezza narrativa preoccupante (e dire che il film dura appena un’ora e cinque minuti), dialoghi quasi inesistenti, intervalli occupati da scene il cui significato non è sempre chiaro. Ci sono il suo rapporto con una vicina che fa la prostituta, il barbaro omicidio di due Testimoni di Geova entratigli in casa... Il tutto descritto con uno splatter più centellinato ma che quando c’è lascia il segno (un pene preso a martellate, un occhio strappato…). Molto presente l’autoerotismo, con l’uso di seni gonfiabili.
La vertigine - temporale, psichica, estetica - è la posta in gioco di un'opera capace di creare narrazione tanto più questa viene sabotata. Buttgereit prende il toro della necrofilia esistenziale e della patologia per le corna, rompendogliele, e costruendo un mosaico con i frantumi. Per far ciò, lascia che il senso affiori dalla sensazione. Ne consuegue un inevitabile ritrovarsi in ostaggio con conseguente sindrome di Stoccolma. A tratti ingenuo e irrisolto, ma commovente, incuneante, unico.
In limine tra sulfuree oniriche immagini e cruda sozza realtà. Un film non per tutti con talune cessioni a sanguinolente istantanee non fini a se stesse ma quantomeno deliranti, che cozzano (e qui sta il merito) con un'unta aurea di disperazione. Quasi si volesse spersonalizzare la malattia, quasi si volesse edulcorare l'insana pulsione incorniciandola in un background di tristezza e solitudine. Angosciante, insano, triste dipinto della malattia. Si predilige l'aspetto interiore ed è un gran merito. Da vedere solo se preparati!
Rispetto a Nekromantik, Buttgereit ne ha fatta di strada. Certo, di sangue ne sparge a secchiate anche in questo allucinato film: preambolo e/o sorta di anticamera (pure mentale) per l'Inferno. Nella mente (tarata) d'un serial killer quasi mai nessuno aveva osato addentrarsi con tanta tenacia e tanta convinzione. Cosicché, in più contesti, vien voglia di abbandonare per il rovinoso scivolone che lo spettatore è portato a fare nel malessere (fisico in conseguenza di quello cerebrale) di una psicologia nichilista e senza rispetto per la vita...
Impressionante affresco della vita di un serial-killer maniaco sessuale. Rispetto al classico "Nekromantik", "Schramm" offre una confezione migliore, che non scade nel ridicolo nemmeno nelle scene più truculente e disturbanti, grazie anche ad inquadrature di un certo gusto e ad un montaggio caotico ma al contempo affascinante. Senza morale e ritegno, Buttgereit mostra tutto e riesce a farlo con un certo stile. A spaventare di più forse non è tanto la (elevata) violenza, quanto l'atmosfera squallida e disperata che avvolge i protagonisti. Crudo.
MEMORABILE: Gli incubi del protagonista. Il pene inchiodato al tavolo.
Prendete l'alienato Travis Bickle di Taxi driver con appendice di frustrazioni sessuali che farebbero sbiancare Jame "Buffalo Bill" Gamb. Sottoponetelo alla "cura Ludovico" di Kubrikiana memoria e se non bastasse, fatelo avvolgere da spirali notturne imbevute d'incubi disumanizzati che neanche il Tetsuo di Tsukamoto oserebbe fare. Otterrete lo psicopatico di Schramm, ma non sarete ancora pronti a quello che vi attende. Peni crocefissi, occhi asportati, protesi divelte, mutilazioni immaginarie o reali. Fa tanto indie-horror anni 90, ma fa male lo stesso.
Ne è passato di sangue sotto i ponti dai tempi di un divertissement grezzo e poco approfondito come Nekromantik. Questa volta Buttgereit ci consegna un'opera fortemente autoriale e scevra da concessioni, un dolente cortocircuito di associazioni di idee e piani temporali in frantumi. "Schramm", un buco nero filmico che inghiotte a spirale frammenti di narrazione, mostruose visioni mutanti cronenberghiane, stordenti echi leoniani e messianici simulacri alla Carpenter. Una "mente che non cancella" alla deriva, immersa nelle pompose sonorità funebri di Schmitz e Muller.
MEMORABILE: Il protagonista che, dolorosissimamente, si inchioda con un martello il prepuzio sul tavolo (!)
Jörg Buttgereit penetra in maniera strabiliante nella mente deviata di un serial killer, riproducendone le manie e le ossessioni con l'ausilio di convincenti e spesso crudi effetti speciali; in più, con un notevole gusto estetico dell'inquadratura, scompone e frammenta il piano temporale (incastonando i pezzi in un delirante flashback) in composizioni che mutano e suggeriscono altro. Immagini forti, significative, anche se non tutte hanno la stessa incisività. Immancabile.
Il film parte subito con una musica e un'atmosfera che ben delineano la malsanità della mente del protagonista. Raramente ho potuto assistere a un film cosi impregnato di malvagità. Ogni pensiero del protagonista, così come le sue azioni, trasudano di sporcizia mentale. Dalla sessualità deviata e corrotta alla ferocia nell'esecuzione di efferati omicidi, Schramm raggiunge vette di violenza inaudita. I non luoghi e il respiro affannato del protagonista fanno il resto. Buttgereit è riuscito a filmare perfettamente l'immostrabile.
MEMORABILE: "Today I'm dirty, but tomorrow I'll be just dirt."
"Today I'm dirty, but tomorrow I'll be just dirt". Con questa citazione, una musichetta angosciante ed il respiro affannoso del protagonista, si apre Schramm, impressionante e malsano tratteggio di una mente completamente deviata. Buttgereit (un pazzo!) la manda in frantumi, la ri-assembla come può, ci penetra e la riproduce, offrendoci e mostrando l'immostrabile. La regia glaciale, il montaggio senza respiro, le inquadrature ricercatissime: la voglia di guardare diventa direttamente proporzionale al delirio assoluto messo in scena. Assai disturbante.
Stupisce la scelta del regista di creare una forma che possa essere densa di significato: in effetti gli insistenti movimenti di macchina "a vortice" rimarcano l'evidente discesa agli inferi di una persona deviata ma estremamente metodica nel proprio agire (basti pensare al lavaggio minuzioso delle mani e dell'attrezzo sessuale). Imperioso, folle e geniale, Schramm sa colpire nel profondo e non solo per le immagini cruente. Immenso il lavoro sul montaggio e sentita la prova degli attori. Notevole!
MEMORABILE: Il pene inchiodato (degno di un mondo movie).
Dal nome si intuisce ciò che questo film (se così possiamo chiamarlo) riesce a trasmettere: il vuoto totale. Fortunatamente è di breve durata. Una massa di scene sconclusionate riempiono poco più di un'ora. Non si salva nulla. A tutti costi il regista vuol stupire ma il risultato è pessimo. Sembra un commento composto da tante righe riempite di paroloni e sinonimi che in sostanza non vogliono dir nulla. Tutto questo solo per differenziarsi e mostrarsi grande. Ridicolo e totalmente inutile.
Ne Il silenzio degli innocenti il serial killer è visto esternamente dall'occhio delle istituzioni. Qui invece il regista in modo geniale (mescolando flashback al ralenti, macabro realismo e incubo surreale) entra nel cervello dell'assassino dissezionandolo e allestendo un teatro degli orrori: l'aggressività figlia dell'angoscia, la castrazione e la vagina dentata, qualche frammento lontano d'infanzia, le protesi macabre dei sex-shop surrogati dell'anaffettività e una dimensione onirico-metafisica con un Cristo orrido e punitivo simbolo della colpa.
Il film inizia con la morte accidentale del serial killer (fittizio) Lothar Schramm. Buttgereit immerge immediatamente la pellicola nel sangue dell'ultimo omicidio di Schramm per poi focalizzarsi sui giorni che precedono la sua morte. Con uno stile realista, ma all’occorrenza anche visionario, l’autore ci mostra una quotidianità fatta di solitudine e squallore, di ossessioni e paure, di allucinazioni e manie, ma anche di gesti, pensieri e parole apparentemente normali, residui di una coscienza irrimediabilmente deviata ma pur sempre umana.
Lo psycho-thriller secondo Buttgereit: l'autore teutonico, fedele alla propria poetica nichilista, rinuncia all'aura fascinosa del serial killer e ne forgia un'immagine patetica, la cui banalissima morte suggella lo squallore di una misera esistenza. Fra incubi cronenberghiani (il mostro-vagina), torture dentistiche che manco L'ultima casa a sinistra ed esplosioni di quotidiana sporcizia (il tronco di bambola gonfiabile), il disagio è servito. Il ritmo non è il massimo (pur nella breve durata) e i vezzi visionari paiono talvolta fini a se stessi, ma la confezione è più che valida.
MEMORABILE: L'occhio estratto dal dentista; Il pene inchiodato; Il tizio che si spara per strada (il film si trasforma in un found-footage); La sorte di Monica M.
Formalmente dovrebbe classificarsi come psico-dramma su un uomo deviato che uccide, ma quello a cui si assiste è tutt'altro tipo di orrore. L'orrore è doversi sorbire per un'ora von Gustorf nudo che si ingroppa un mezzo busto gonfiabile, o si masturba, o si inchioda il pisello al tavolo o giocherella con il moncherino della sua gamba e altre scene insulse che non si giustificano neanche a voler dare al film il senso che comunque non ha. Solo per cinefili integralisti del genere underground.
Vestito solo di psico-ossessioni, con un velo di apatia che avvolge il suo sguardo e un’aria di malvagia bellezza. “Schramm” non è solo il ritratto di un serial killer, ma l’ispezione acuta e trasognata del contemporaneo male di vivere. Film embrionale e respingente, con un Buttgereit che rifiuta ogni tipo di svolazzo melodrammatico per sublimare il dettaglio che diventa il centro di tutto: morte, dolore, piacere, odio. Liturgico il sonoro di Müller e Schmitz.
Le gare podistiche, l'amore non corrisposto per la prostituta vicina di casa, l'istinto omicida, i problemi mentali, le abberazioni sessuali. Questo è quello che vede in un flashback Lotar Schramm mentre sta morendo. Narrazione non lineare, stile asciutto, atmosfera angosciante e inquietante a tratti addirittura opprimente, ma incredibilmente affascinante. Malgrado qualche esagerazione Buttgereit ci regala una perla estremamente profonda e sorprendentemente poetica.
MEMORABILE: "Avete mai pensato seriamente a Dio"; La punizione finale.
Quotidianità, trip mentali e depravazioni di un tassista serial killer. Il film è tutto qui e al netto della brevissima durata qualche sua sequenza sembra fine a sé stessa (del resto anche Der todesking aveva riempitivi simili), eppure nel complesso non si può non restare turbati da quel che Buttgereit mette in scena; è vero che il montaggio cerca spesso il caos, ma se la mente di un mostro fosse davvero strutturata così? Atmosfere sporche e funeree, commento sonoro fondamentale, gore non abbondantissimo ma impattante. Disturbante e non per tutti, ma merita almeno una visione.
MEMORABILE: L'accoglienza riservata ai due predicatori porta a porta.
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è molto probabile che si tratti di un riferimento inconscio, perché effettivamente anche atmosfericamente siamo da quelle parti, con quella sorta di sospensione angosciata o di angoscia soffice, rarefatta. e anche il taglio delle inquadrature è incredibilmente identico. molte opere sono del resto fatte di citazioni che l'autore nota solo a scoppio ritardato...
credo sia quella giusta. dura si e no 64'. ed è anche uno dei motivi che lo rendono particolarmente riuscito. niente strascichi, niente sbrodolamenti, niente lungaggini. negli extra della vhs von gustorf dice, sbagliando, che la full lenght dura 75' ma viene ironicamente bacchettato da una didascalia lampeggiante che dice FALSCH! 65'! toglili il consueto min e 25''...
vi raccomando soprattutto gli extra. il making of è uno spasso. von gustorf in particolare sprizza umorismo a ogni istante, buttgereit si deve essere divertito un mondo a lavorarci: un uomo che inventava per tutto e per tutti slogan per spot pubblicitari, ossessionato con le mosse del capitano willard di apocalypse now, nel riprodurle ha pure rotto accidentalmente un braccio a jelinski. è particolarmente impressionante il suo passare da una spassosa modalità totally childish a quella, professionalissima e ultra-seria, del personaggio chiamato a incarnare.