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L'atmosfera cupa e paracronenberghiana, la lenta discesa nella follia muliebre che ha un che di zulawskiano (e non per nulla Parker Finn dovrebbe lavorare sul remake), quei raggelanti sorrisi di morte che fanno il paio con quelli agghiaccianti delle vittime di Zuni, una vecchia casa nel bosco foriera di incubi yuzniani/gordoniani (entrando dalla bocca), gole squarciate, facce divelte, video "snuff" da linkare, atroci e deliranti feste di compleanno (il gatto nella scatola) e un mostro ghignante dalle fattezze del reverendo Kane.Mi hai fatto venire voglia di rivederlo. Confesso di non amare i film su maledizioni e catene di sant'Antonio, ma ricordo di essere rimasto favorevolmente impressionato, oltre che dalla notte del demonio e dal Ringu nipponico, anche da questo Smile e forse prima da It follows. Sarei curioso di sapere che pensi del sequel, io l'ho commentato ma qui non aggiungo altro.
Se Finn prende l'intelaiatura delle varie catene di sant'Antonio di The ring e soci, ne ribalta il concetto , immergendo il tutto nella depressione uterina, del complesso di colpa mai elaborato, di una cattiva madre forse pazza (l'apertura del film è a suo modo angosciante), non spiegando (giustamente) l'origine della maledizione (valore aggiunto), di momenti genuinamente disturbanti (il dottore che si strappa la faccia, ridendo ai violenti fendenti, l'autocombustione con sghignazzo, la psicologa che sbava grottescamente, la sorella che avanza verso il finestrino della macchina e inclina innaturalmente la testa, la chiusa sulla pupilla argentianamente dilatata che proietta la pira umana ridente), il tutto infiocchettato con una soundtrack e effetti sonori che mettono più di un brivido.
Bravissima e intensissima la figlia di Kevin Bacon, che sottolinea l'inesorabile affondo nel baratro dell'alienazione mentale (staccandosi, con nervosismo, l'unghia a morsi), fino a rivedersi, barillianamente, bambina che lascia morire sua madre, in un dedalo incubotico che ricorda il miglior Derrickson.
SXF goduriosi di Tom Woodruff Jr., il talento di Finn e "Lollipop" sui titoli di coda a chiudere il cerchio.
Robusto horror classico che affonda le radici nello "schematismo", fieramente prodotto da una grossa major che "ruba" lo scettro a Jason Blum e che mantiene quello che promette, riconfermando che non è quello che si racconta, ma come lo si racconta e dove il talento narrativo di Parker Finn ne acquisisce pregio.
Una curiosità, nell'appartamento del detective Joel (Kyle Gallner) troneggia il manifesto italiano degli Spericolati.
Buiomega71 ebbe a dire:Sinceramente avevo basse aspettative (fiutavo il solito horroretto per teenager blockbusteroso sulla falsariga dei prodotti usa e getta a firma BlumHouse), invece mi ha piacevolmente sorpreso (per i motivi riportati poco sopra), per l'inesorabile discesa nella follia della bravissima Sosie Bacon e per la regia talentuosa di Finn (valore aggiunto atmosfera cupa e i così villepesi jumpscare infilati nei punti giusti e , a volte, parecchio disturbanti) che mi ha riportato alla dimensione del The ring di Verbinski (per me un bel pezzo di diamante nel desolante panorama del "cinema di paura" dei nefasti primi anni del duemila.L'atmosfera cupa e paracronenberghiana, la lenta discesa nella follia muliebre che ha un che di zulawskiano (e non per nulla Parker Finn dovrebbe lavorare sul remake), quei raggelanti sorrisi di morte che fanno il paio con quelli agghiaccianti delle vittime di Zuni, una vecchia casa nel bosco foriera di incubi yuzniani/gordoniani (entrando dalla bocca), gole squarciate, facce divelte, video "snuff" da linkare, atroci e deliranti feste di compleanno (il gatto nella scatola) e un mostro ghignante dalle fattezze del reverendo Kane.Mi hai fatto venire voglia di rivederlo. Confesso di non amare i film su maledizioni e catene di sant'Antonio, ma ricordo di essere rimasto favorevolmente impressionato, oltre che dalla notte del demonio e dal Ringu nipponico, anche da questo Smile e forse prima da It follows. Sarei curioso di sapere che pensi del sequel, io l'ho commentato ma qui non aggiungo altro.
Se Finn prende l'intelaiatura delle varie catene di sant'Antonio di The ring e soci, ne ribalta il concetto , immergendo il tutto nella depressione uterina, del complesso di colpa mai elaborato, di una cattiva madre forse pazza (l'apertura del film è a suo modo angosciante), non spiegando (giustamente) l'origine della maledizione (valore aggiunto), di momenti genuinamente disturbanti (il dottore che si strappa la faccia, ridendo ai violenti fendenti, l'autocombustione con sghignazzo, la psicologa che sbava grottescamente, la sorella che avanza verso il finestrino della macchina e inclina innaturalmente la testa, la chiusa sulla pupilla argentianamente dilatata che proietta la pira umana ridente), il tutto infiocchettato con una soundtrack e effetti sonori che mettono più di un brivido.
Bravissima e intensissima la figlia di Kevin Bacon, che sottolinea l'inesorabile affondo nel baratro dell'alienazione mentale (staccandosi, con nervosismo, l'unghia a morsi), fino a rivedersi, barillianamente, bambina che lascia morire sua madre, in un dedalo incubotico che ricorda il miglior Derrickson.
SXF goduriosi di Tom Woodruff Jr., il talento di Finn e "Lollipop" sui titoli di coda a chiudere il cerchio.
Robusto horror classico che affonda le radici nello "schematismo", fieramente prodotto da una grossa major che "ruba" lo scettro a Jason Blum e che mantiene quello che promette, riconfermando che non è quello che si racconta, ma come lo si racconta e dove il talento narrativo di Parker Finn ne acquisisce pregio.
Una curiosità, nell'appartamento del detective Joel (Kyle Gallner) troneggia il manifesto italiano degli Spericolati.