Per quanto molti lo pensino, LO SPETTRO non è propriamente il sequel dell’ORRIBILE SEGRETO DEL DOTTOR HICHCOCK, né potrebbe esserlo dal momento che la coppia di coniugi protagonista di quel film era bruciata, nel finale, nell'incendio della villa. Semplicemente Freda ha voluto riprenderne i nomi dando nuovamente la parte di Margareth Hichcock a Barbara Steele e quella della governante a Harriet Medin White. Tuttavia il passaggio dall'horror al giallo dalle sfumature soprannaturali segna subito la differenza tra i due film, comunque molto vicini nell'ambientazione storica e nelle scenografie....Leggi tutto Il dottor Hichcock, questa volta, non è affatto un necrofilo ed è anzi costretto su una sedia a rotelle da una grave forma di paralisi che intende combattere facendosi iniettare piccole dosi di curaro. Il medico che l'assiste diventa però l'amante della moglie e insieme decidono di far fuori il poveraccio per questioni ereditarie. Cominciano così le (poche) apparizioni spettrali, punto forte di un film comunque meritevole e ben scritto, nobilitato da ottime scenografie e dalla capacità di Freda nel saper riprendere con l'occhio di chi molto conosce il gotico. Il sorprendente finale rimescola le carte in tavola e chiude in pieno delirio. Più svelto dell'opera precedente, più costruito nel soggetto e meno schiavo dell'orrore a ogni costo, LO SPETTRO (pur con qualche inevitabile lungaggine dovuta allo stile utilizzato all'epoca nel gotico) conferma le doti del suo regista e, non dovendo subire la censura ultrapenalizzante che devastò L'ORRIBILE SEGRETO, può finalmente farsi seguire con la dovuta chiarezza.
Sequel apocrifo de L'orribile segreto del dr. Hichcock incrociato con I diabolici di Clouzot. Impeccabili atmosfere gotiche, con tanto di sedute medianiche, teschi, passaggi segreti, tombe profanate, veleni, sinistre apparizioni... Interpreti decisamente in parte. L'unica pecca del film è forse un'eccessiva lentezza, comunque riscattata da sequenze di sicuro effetto (sopra tutte il doppio coup de théâtre finale, imprescindibile punto di riferimento per i thriller gotici del decennio successivo).
Ancora un altro gothic-movie ad alta tensione drammatica firmato Riccardo Freda e dalle riuscite atmosfere dark. Una sfruttata storia di una diabolica coppia di amanti perduti che si macchia di un delitto per ragioni patrimoniali viene raccontata con l'usuale maestria registica ed innegabile lirismo, sino ad un finale scoppiettante di colpi di scena ripetuti. Brividi assicurati...
Uno dei gotici italiani migliori per concezione dello spazio e direzione degli attori. Nessuno degli interpreti, peraltro tutti bravi, recita sopra le righe, la telecamera si muove senza tregua nelle meravigliose scenografie narrando una storia che riprende solo in parte L'Orribile segreto del dr. Hichcock, ma che ha in sè tutti i connotati degli incubi della mente e del sonno.
Stupendo. Riccardo Freda firma il suo meraviglioso secondo horror e si serve di un ottimo cast: la scream queen Barbara Steele (in questo caso carnefice, ma di sorprese c'e ne saranno molte) e la Medin. Atmosfere gotiche perfette e terrorizanti, scenografie soffocanti, curiosi effetti di sangue (le rasoiate), finale cinico e macabro. Ottimo ritmo, si segue tutto di un fiato. Freda al suo meglio, consigliatissimo.
Seguito solo sulla carta de L'orribile segreto del dottor Hichcock e migliore del predecessore. Questa volta Freda abbandona il tema horror in favore di un intrigo coniugale con forte venatura gotica. Finemente risolto sul piano visivo, tanto che appare un saggio di bravura la sequenza, quasi senza dialoghi, che anticipa la spiegazione conclusiva, tutta girata con sapiente uso della fotografia e con il supporto di un'adeguata colonna sonora. Cast azzeccato ed in parte, nel quale spiccano la sempre brava e adatta Barbara Steele affiancata, in ruolo di viscido reverendo, dal grande Umberto Raho.
Uno dei migliori film di Freda, che in netto anticipo sui tempi supera i temi tipici del gotico per inserirvi elementi del thriller a sfondo coniugale-borghese che diventerà di moda alla fine del decennio. Notevolissimo uso del colore, bella colonna sonora di Franco Mannino (con l'efficace melodia del carillon). Peccato per la lentezza dell'inizio, la seconda parte è decisamente migliore. Memorabile e precursore anche il bellissimo omicidio col rasoio.
MEMORABILE: I rivoli di sangue che colano sull'obiettivo: devono aver impressionato molti registi più giovani.
Freda, per molti un maestro, è un regista che personalmente considero meno di zero; ma qui firma a sorpresa un grandissimo capolavoro, forse il miglior gotico di sempre: atmosfere iperclaustrofobiche, scenografie eccessive e soffocanti, una Steele bravissima, musiche e dettagli macabri inquietanti e disagianti (leggete ai momenti memorabili), una scena di sangue seminale (e ferocissima) e un finale che è un vero tour de force di perfidie. Per farla breve, l'unica mosca bianca della carriera di Freda... e che mosca! ****½.
MEMORABILE: Il carillon; lo zombie che appare da dietro la tenda alla Steele; la carrozzella per disabili che rotola da sola per le scale; le tremende rasoiate.
Godibilissimo gotico italiano che presenta una storia intrigante ed avvincente (e per l'epoca per nulla scontata), in cui all'aspetto del divertimento (decisamente valido)
si unisce quello tecnico che è altrettanto valente: oltre alla buona regia di Freda (
qui al suo meglio), si segnala una fotografia che, come accadeva spesso all'epoca, è
molto attenta ai cromatismi. Riuscito il beffardo finale. Ottima la Steele, gustoso Raho.
Freda trasforma il necrofilo Hichcock in un paralitico ossessionato dalla gelosia e irresistibilmente attratto dalla morte, costruendo uno degli horror più avidi e cupi dell'avventurosa storia del cinema italiano di genere. Il film, barocco e cinico come lo stile dello scontroso Riccardo, incide personaggi-carogna capaci di ogni ignominia (dalla doppia profanazione di cadavere al tradimento) per mera volontà e fine di possesso. La Steele, di smaniosa bellezza, è una vertigine di perfidia, ma Jotta e la Medin son incarnazioni lombrosiane del demonio.
MEMORABILE: Le scenografie Chiari; Le trance della Medin che parla con la voce di Hichcock; La Steele che sbarba Jotta; Il sangue di Baldwin che inonda lo schermo.
Un affascinante horror gotico ambientato in epoca vittoriana, resa splendida della meravigliosa scenografia. Una trama semplice ma di grande effetto, interpretata da attori eccelsi. I risvolti possono apparire scontati, ma alla fine si assiste a un colpo di scena dopo l'altro, che renderà degna la visione di quest'opera.
Il finto seguito de L'orribile segreto del dottor Hitchcock si rivela uno dei gotici italiani per eccellenza, in cui si ritrovano tutte le componenti essenziali del cinema gotico. Un classico del settore ricco di atmosfera e tensione caratterizzato da dialoghi calibrati e interessanti soggettive. Tali elementi sono amalgamati alla perfezione e il risultato è tangibile, grazie anche all'artigianalità di un certo modo di fare cinema, ormai scomparso.
Regista, a mio avviso, spesso sopravvalutato, Freda firma con questa opera il suo personale capolavoro che è anche uno dei più bei gotici italiani in assoluto, contraddistinto da forti venature thriller e da punte di sadismo e di violenza per l'epoca piuttosto elevate. Regia di spessore, bravi interpreti, atmosfera claustrofobica, scenografie opprimenti, musiche calzanti (di Franco Mannino) e, soprattutto, un finale da antologia. Poi è chiaro che in alcuni passaggi accusa il peso dell'età, ma vogliamo davvero fargliene una colpa?
Freda si rende artefice, dopo L'orribile segreto del Dr. Hichcock, di un altro gioiellino gotico (anche se qui la componente "gialla" è presente in dose massiccia). Barbara Steele spicca su tutti, grazie a un volto che sembra fatto su misura per un film gotico; le luci, le ombre, il sonoro e i colori sono i quattro elementi che rendono il film una vera e propria perla nel panorama gotico italiano. Purtroppo il ritmo eccessivamente lento, che fa da sfondo a una trama non troppo elaborata, grava in maniera notevole sulla pellicola.
Forse il miglior film di Freda, dopo I vampiri. La storia è condotta in modo magistrale, anche se forse il finale non è poi così difficile da intuire (ma il colpo di scena all'ultimo minuto è un colpo di genio). L'antico horror gotico e il moderno thriller convivono egregiamente, coinvolgendo lo spettatore che poco si accorgerà di qualche lentezza insistita, tipica comunque di questo tipo di cinema. Grande caratterizzazione di tutti i personaggi (la Steele sull'orlo dell'esaurimento nervoso pare fin dimagrire), alcuni cattivi e altri cattivissimi.
Freda gira un gotico sfruttando il personaggio del Dr. Hitchcock già apparso in una pellicola dell'anno prima. Note positive di questo film girato totalmente in interni sono sicuramente il cast (nel quale la Steele è sempre molto efficace), lo splendido motivetto del carillon e una bella scena di violenza. Nota negativa la solita lentezza dei gotici, che concilia in alcuni momenti il sonno. Il film offre un finale a sorpresa interessante, anche se in parte intuibile. Nel complesso comunque un buon film.
Lezione di economia di mezzi, e di manifattura di un buon prodotto con pochi, e persino logori elementi, ma impiegati con sapienza e mestiere. Il gotico, si sa, è tutto atmosfere, e qui sono centrate e ben rese. Che poi l'esito non sia imprevedibile è la scienza esatta del senno di poi, per noi spettatori smaliziati di tanti anni dopo. Buono.
Barbara Steele sgrana gli occhi, terrorizzata; e ha buone ragioni per esserlo. Atmosfera cupa e macabra, tensione psichica, dialoghi lugubri: tutto al giusto punto di cottura. Ogni sequenza converge alla costruzione di una divertente macchina paranoica, nascondendo - al suono di un carillon malefico - una mera (si fa per dire) storia di corna. L'ambientazione, la fotografia, l'uso della mdp, le ellissi, gli stacchi, le apparizioni inquietanti, i teschi e i veleni, la sequenza delle rasoiate: uno spasso.
L'occhio smaliziato dello spettatore moderno (ma anche soltanto di quello del decennio successivo) sradica spietatamente il senso di mistero di quello che poteva essere (e, tutto sommato, rimane) uno dei film da podio assoluto del gotico italiano. Una prevedibilità che non compromette però il clima cupissimo e claustrofobico, suggestivo ma mai monotono, costruito abilmente da un Freda particolarmente ispirato. Barbara Steele forse al suo meglio, notevolissima la resa dei conti finale. La sedia a rotelle giù dalle scale tornerà in Bloody psycho.
MEMORABILE: Le due scene in esterni, alla tomba del dottor Hichcock: suggestione ai massimi livelli.
Una donna induce l'amante ad uccidere il marito, ricco e da tempo malato, ma il defunto pare non volere riposare in pace... Buon racconto gotico, molto curato sotto l'aspetto formale come avviene nelle migliori opere del regista, che si propone come prosecuzione ideale dell'Orribile segreto del Dr. Hichcock, da cui eredita alcuni particolari (il cognome e la professione del marito) e qualche volto del cast: la serva ambigua interpretata da Medin e soprattutto la protagonista Steele, dagli occhi immensi e dal fascino torbido. Bello il finale beffardo.
Il dottor Hichcock continua i suoi esperimenti con i veleni, ma c'è chi è pronto ad approfittarsene. Gli attori forniscono tutti ottime prove; spicca una faccia conosciuta nel gotico italiano, Harriet Medin, nel ruolo della governate (svolto anche in altri film). Barbara Steele, sempre adatta in queste parti, si fa notare soprattutto nel sanguinario delitto con il rasoio. La trama coinvolge, anche nella macchinosa spiegazione finale e vede in azione personaggi molto perfidi.
Robert Hampton (Riccardo Freda) HA DIRETTO ANCHE...
Notevole gioco al massacro condotto con malsana perizia. Horror, gotico, giallo: c'è di tutto e niente, il prodotto finito è difficilmente inquadrabile; forse teatro della crudeltà è il termine più adatto. Non che Freda attinga a vette metafisiche, siamo nell'ambito dell'artigianato di vaglia, gradevole e di gusto obliquo. Il contorno di attori tiene la scena con sicurezza; di contorno all'unica protagonista, Barbarella, motore psicologico e figurativo dell'intera pellicola: istigatrice, assassina, pazza e vittima in solo corpo.
Altro gioiello horror gotico di Freda, del tutto a suo agio nelle atmosfere lugubri e notturne ove i protagonisti si muovono tra cripte, teschi e risate d'oltretomba in un continuo gioco di ombre, suoni e musica inquietante. Barbara Steele sgrana gli occhioni e domina la scena, moglie e amante diabolica. Non mancano le sorprese nell'intreccio giallo, sino all'ultimo. Lento ma apprezzabile.
L'atmosfera c'è, gli attori anche. E questo è sufficiente a dare vita a un buon horror, con tanto di colpi di scena e un simpatico finale. Può risultare indubbiamente datato. Ma si tratta di una di quelle pellicole, che avranno sempre un loro perchè, fungendo da esempio di come, in passato, si cercasse di creare il giusto ambiente, in grado di far aumentare la tensione, pur senza scene particolarmente eclatanti. Nel suo genere, riuscito, grazie anche agli occhioni, tra il diabolico e il terrorizzato, della protagonista.
MEMORABILE: "Io appartengo già alla morte"; " 2 pallottole e il cane si calma; Il ritorno nella tomba, spinta dall'avidità; Rasoiate con effetto telecamera-faccia
Meraviglioso film gotico di Freda con una Barbara Steele che buca lo schermo e una tenebrosa fotografia ancora più macabra rispetto al precedente, bellissimo L'orribile segreto del dottor Hichcock. Anche qui c'è un dottor Hichcock, anche se non è lo stesso personaggio ma solo un nome-vezzo del regista. Nero, claustrofobico, elegante, teso, con una trama convincente: vincono avidità, segreti e veleni e non ci sono innocenti. Tutti gli elementi che caratterizzano il genere sono usati in modo magistrale.
Non è il solito gotico puro che spesso e volentieri lascia poco di concreto in mano. Vero che gli elementi di base ci sono tutti e seguono i cliché dell’epoca, ma l’abilità di Freda risiede nell’aver individuato uno stile narrativo abbastanza personale, capace di slegarsi e spaziare dove meno te lo aspetti. Ne consegue una maggiore concretezza e uno spessore differente che pesano in positivo, creando un solco con molte opere del filone. Come se non bastasse, non mancano i ribaltamenti di fronte, costruiti con criterio e dall’effetto garantito.
Sobrio, elegante film gotico la cui trama, col senno di poi, è assolutamente prevedibile. Cionondimeno ha un che di affascinante, forse dovuto all'atmosfera tetra, ai bei costumi, alla bravura degli attori, alla musichetta macabra riproposta ossessivamente, ai personaggi ambigui e sfaccettati (la sensuale Barbara Steele è specializzata in ruoli del genere, anche se qui non fa altro che piangere, purtroppo). Finale strepitoso, di rara coerenza e sottile humour.
MEMORABILE: La seduta spiritica, che anticipa per molti versi quella presente in Trauma di Argento.
il film di Freda è un vero saggio sul gotico: la chimera della (non)morte, il terrore assoluto, la potenza scenografica e infine la classica atmosfera cupa e mefitica. Straordinaria la Steele, che rivela fin da subito l’evidente monumentalità della sua figura chiaroscurale in una magnifica, armoniosa disubbidienza attorale. Psicotico e raggelante il finale.
Sicuramente uno dei migliori gotici italiani del periodo, superiore al precedente lavoro di Freda e canonicamente ambientato in un poco ridente castello scozzese agli inizi del '900, luogo ideale per le scorribande dell'ectoplasma di cui al titolo, smanioso di vendicarsi della moglie fredifraga e assassina. In realtà non c'è nulla di soprannaturale ma solo un gioco diabolico di cui tutti i protagonisti, detto per inciso uno peggio dell'altro, sono alla fine carnefici e vittime. Avvolto da un'atmosfera cupa e angosciosa, ci offre una Barbara Steele splendida e perfida più che mai.
MEMORABILE: La sentenza finale di Raho sul fatto che il demonio sia molto più reale di quanto si creda.
Freda dirige con mano salda un notevole horror gotico utilizzando al meglio un buon cast nel quale spicca l'attrice simbolo del genere (ma anche l'inquietante Medin funziona alla grande). Tra omicidi dettati da passione e avidità, uno spettro che pare divertirsi alle spalle dei protagonisti e tombe profanate, il regista inserisce con eleganza gustosi inserti ironici, giocando con lo spettatore al quale non manca di riservare beffarde sorprese. La serie di colpi di scena finali danno un'ottima chiusa a un film veramente riuscito e che costituisce un must del genere.
MEMORABILE: L'omicidio a rasoiate con il sangue che cola sulla telecamera; I colpi di scena finali.
È un horror-gotico, nell’estetica dark e nel connubio vita-morte; è un melò, nell’esasperamento romantico e nei travagli malinconici dei personaggi. Due binari paralleli in cui il film di Freda si muove sinuosamente, senza eccessi dinamici, consapevole della propria importanza simbolica, ambiguo, opulento e con sprazzi di assoluto terrore. Steele, Jotta e Medin straordinari.
Il film di Riccardo Freda segue grossomodo tutti i canoni del genere gotico, dal maniero grande e inquietante alla donna perseguitata dagli spettri, ma aggiunge uno stile impeccabile e diverse trovate inquietanti che forse all'epoca hanno generato molta paura. I personaggi ambigui si sprecano e non è semplice capire chi sia il cattivo, ma di sicuro buoni non ce ne sono. Ottima la regia e buona la musica; nel cast come sempre si eleva la dark lady per eccellenza Barbara Steele. C'è anche il nostro Umberto Raho, sempre convincente. Ottimi gli interni. Un gotico da non perdere.
Sontuoso gotico nostrano, addensa doppi fondi diabolici, languori necrofili, spiritismo e istanze prometeiche di una scienza abnorme in un intreccio derivativo, che riesce però a disattendere le aspettative del pubblico fino all'ultima sequenza. Più giallo che horror, ma tanto liminare al regno dei morti da evocare perturbazioni profonde, è ravvolto in una fotografia torbida e acquosa che fa tutt'uno con i tracimanti interni della villa. Gli occhi voluttuosi di Barbara Steele bucano le tenebre. Agghiacciante e inesorabile il carillon di Francesco De Masi.
MEMORABILE: La seduta spiritica; Le rasoiate in faccia in soggettiva; Gli occhi strabici della governante posseduta; La sedia a rotelle scende lungo le scale.
Riccardo Freda ripropone Barbara Steele in un ruolo diverso rispetto al film precedente e soprattutto con una trama che si avvicina più al giallo rispetto a quando era invece l'horror puro, con le sue perversioni, a essere protagonista. L'attrice è come sempre affascinante e ieratica e Freda sa dirigere e creare la sensazione di paura come pochi altri. Un piccolo capolavoro, molto più moderno di altri film coevi.
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Finito di vedere ieri (o meglio, stanotte) e ha confermato le impressioni iniziali. Finora l'unico film di Freda che m'è piaciuto, e moltissimo anche (forse il miglior gotico finora visto). Il finale è un vero tour de force di cattiverie. Un lavoro davvero encomiabile.
Il soggetto di questo film è molto simile a quello di un romanzo di Max Dave (pseudonimo dell'italiano Pino BELLI), "La vecchia poltrona", pubblicato nel giugno 1961 nella collana I Racconti di Dracula (editore ERP, Roma).
il nuovo DVD della A&R purtroppo offre il film con un master in bassa definizione e con una serie di imperfezioni che compaiono sulla pellicola. Peccato.
il nuovo DVD della A&R purtroppo offre il film con una master in bassa definizione e con una serie di imperfezioni che compaiono sulla pellicola. Peccato.
Immaginavo; sarà come la versione che si trova nel web. Di solito in questi dvd quando la qualità è buona ce lo scrivono che sono restaurati.