E' l'esordio di Pupi Avati, l'esordio di uno dei più originali e poetici autori di casa nostra, che già qui mostra ampiamente di cosa è fatto il suo cinema. Circondato da attori che sono anche amici, Avati promuove il nano Bob Tonelli (doppiato da Oreste Lionello) a protagonista: è lui Balsamus, il mago di campagna il cui nome è già un programma. Con la sua folta (e ridicola) parrucca bionda, cura ed è venerato al punto che le vergini arrivano a lui per farsi deflorare (e ottenere in seguito a questo uno speciale certificato). In realtà è il suo aiutante Ottaviano (Giulio Pizzirani) a "sobbarcarsi" questo tipo di lavori,...Leggi tutto mentre Balsamus dorme e crede di occuparsi della cosa. Persino sua moglie (Greta Vaillant) si porta a letto tutti tranne lui. Ma intanto, nella grande e lussuosa villa, Balsamus continua ad accogliere pellegrini. Visivamente ricco, scenografato con gusto, l'esordio di Avati contiene già in nuce (più di THOMAS... GLI INDEMONIATI) gran parte degli elementi che costituiranno le basi del suo cinema fantastico. L'ambientazione bucolica, le musiche, i costumi, certi dialoghi, il clima surreale, li ritroveremo assieme a Cavina, Pizzirani e Tonelli. Poi però ci sono anche i limiti evidenti di una sceneggiatura che tende a perdersi troppo presto lasciando per strada chi bramerebbe almeno un minimo di logica e chi magari la assocerebbe volentieri a un incedere meno trasognato e dispersivo. Rischia di stancare.
Manifesto programmatico del primo cinema avatiano: location emiliana, situazioni strambe e grottesche, gusto per il fiabesco e l'orrorifico, humour macabro, ricerca di un contatto tra i vivi e i morti, legami di sangue. Protagonista il nano Tonelli, affiancato dai soliti-attori feticcio del regista, ai quali si aggiunge qui anche il fratello Antonio. Un'opera affascinante e misconosciuta, assolutamente da recuperare.
MEMORABILE: Greta Vaillant che si fa accarezzare il corpo nudo da mani semoventi che fuoriescono da una parete.
Bizzarra opera prima di Pupi Avati, in cui troviamo già tutte le tematiche principali del suo cinema (specialmente quelle delle sue pellicole anni 70). Il ritmo è molto lento (e ciò rende il film piuttosto difficile da seguire) ma l'atmosfera è straniante e quasi fiabesca e la regia è piena di idee originalissime. Bello e crudele il finale. Bravo Bob Tonelli e azzeccato il cast, che vede praticamente tutti i caratteristi dei primi film di Avati. Buone le musiche.
Primo film di Pupi Avati che contiene in nuce tutte le caratteristiche del suo percorso cinematografico. Grottesco, fantastico e paradossale, ambientato nell'Emilia popolare dei creduloni e degli imbonitori da quattro soldi. Cast formato perlopiù da attori-feticcio di Avati quali il nano Bob Tonelli, Gianni Cavina e altri. Assolutamente da vedere per capire i lavori avatiani successivi.
Francamente indigeribile. Cinema figlio delle bizzarre visioni di Avati, ma soprattutto di un'estetica free tanto in voga negli Anni Settanta. Questa propensione al cinema che rinnova il suo linguaggio è encomiabile e senza dubbio senza queste sperimentazioni Avati non sarebbe arrivato a padroneggiare la propria cifra stilistica (né a sfornare capolavori), ma questo film è una mattonata. Per quanto mi riguarda la stima per Pupi resta immutata: è normale essere così creativamente indisciplinati agli esordi, tuttavia difficilmente mi sobbarcherò un'altra visione.
Bell'esordio di Avati che riesce a essere originale fin dalla sua prima pellicola. Stile, linguaggio visivo, scenografia sono già ben maturi e delineati mentre lo svolgimento della storia, a tratti poco fluido, rischia di allentare l'attenzione dello spettatore. La materia prima dei successivi film c'è già tutta, dal casolare padano agli attori cari al regista. Il maestro Tommasi contribuisce fin da subito a caratterizzare fortemente il grottesco avatiano con il suo jazz folkloristicheggiante.
Bizzarro e riuscito esordio di Pupi Avati che crea un'opera stratiforme e affascinante dove tematiche esoteriche si sposano con la letteratura, il grottesco, il surreale e l'onirico. A tratti vi si nota un tocco felliniano virato in humour nero con punte di morbosità. Esilaranti i dialoghi, fantastici i costumi e l'ambientazione, memorabile il personaggio interpretato da Tonelli (rivisto poi in altri film avatiani, ad esempio in Zeder). All'uscita nelle sale fu un fiasco, ma un recupero del film sarebbe alquanto necessario.
Esordio cinematografico di Avati che non si può certo definire memorabile. Le intenzioni sono buone e le idee (pur non del tutto originali) non mancano. Ma è la messa in scena troppo anarchica e scombicchierata (programmata o genuina?) e tipica di quel periodo a non convincere del tutto. Un trattazione più organica non avrebbe, a mio avviso, guastato. Terrificante la martellante colonna sonora che si rivela non poco disturbante.
Rivisitazione modernizzata (ma con il clan in abiti della sua epoca) di Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro (1743-1795), non a caso con un finale di dichiarato stampo massonico. Qua e là poco comprensibile. Esordio di Avati, che usa ambientazioni, facce e tematiche che in seguito meglio svilupperà: tale esordio è appesantito da un linguaggio che spesso si fa arzigogolo. Si salva qualche momento divertente, o con Pizzirani o con Cavina. Il resto è di rara pesantezza, ma già si vede la capacità di Avati di trarre il meglio dagli attori.
MEMORABILE: Il coccodrillo che Cavina (non) fa vedere ai coniugi Menopausa. Il raduno massonico finale.
Noiosissimo. Lento e barocco, questo film di Avati segue i canoni tipici del buon regista emiliano. Anche gli attori sono parte del clan di fedelissimi che lo seguiranno in diversi (e migliori aggiungo) film successivi.
Un Avati a briglia sciolta mette in scena quella che sembra più una rappresentazione teatrale con tanto di costumi (singolari quelli verdi da giardino per la ricerca delle erbe) e di personaggi ultracaricaturali, su tutti Gianni Cavina, che salta sul letto al rallentatore. E anche il resto della banda attorica non gli è da meno, Maestro compreso (che deflora per conto terzi). La sostanza è davvero poca (molto fumo), ma si vedono già, sia il talento un po' visionario, che l'originalità del buon Pupi. Un'occhiata gliela si può quindi dare, senza però avere troppe aspettative.
MEMORABILE: Il Maestro: "Sali donna, ascendi!". Ma lei non riesce ad arrampicarsi; e lui "Lascia perdere"; "Dio non gioca mai, è l'essere più serio dell'universo"
Del carattere dilettantesco dell'operazione testimonia la fitta anedottica fatta girare dallo stesso (allora esordiente) Pupi. Il film, pur potendosi considerare a tutti gli effetti rappresentativo della prima maniera avatiana, fino almeno a Bordella (il richiamo naïf alle tecniche della Nouvelle vague, un fellinismo decisamente adolescenziale), anticipa tuttavia già alcune tematiche della maturità (il legame con le proprie radici socio culturali). Il tono grottesco, che col tempo virerà in malinconico, è eccessivamente autoreferenziale. Cavina gigioneggia.
MEMORABILE: L'inizio, con il dialogo tra lo "strillone" ed il vecchietto in pellegrinaggio dal "Maestro" Tonelli.
Francamente l'ho trovato proprio brutto. Anche se in questo esordio cinematografico di Avati si possono già trovare elementi caratteristici della sua produzione successiva (soprattutto anni '70), per uno spettatore dell'epoca sarebbe stato ben difficile immaginare che il nostro avrebbe poi diretto dei veri e propri capolavori. A voler essere generosi (e con Avati bisogna esserlo, lo merita) si può segnalare l'inventiva anche scenografica, ma è veramente troppo poco per un lavoro che risulta essere noioso e confuso. *! è forse pure troppo.
Difficile catalogare un film che vorrebbe essere autoriale senza riuscirci e che abbraccia molti generi. Di sicuro l'opera è di un ermetismo spinto all'eccesso, tanto che alla fine ci si chiede cosa si volesse rappresentare. Parlando del cast ci sono il solito Cavina, una bella Vaillant (volto che sarebbe stato adattissimo per un gotico) e il protagonista Bob Tonelli, metà santo e metà demonio. Interessante la fotografia. Da rivedere.
A volte viene il sospetto che le prime opere di Avati siano solo oggettivazioni filmiche di rituali d'iniziazione massonici: un'ipotesi non da scartare, anzi da approfondire. A meno che non valga l'opposta ipotesi: che siano solo delle bislacche cialtronate, un po' come le presunte alchimie del conte di Cagliostro/Balsamus. E tuttavia il costante tono eccentrico, un aleggiante gusto teratofilo e i dialoghi, assieme ricercati e sarcastici, ne fanno un gustoso unicum della stramberia italiana.
Esordio coraggioso per Pupi Avati, che per farsi conoscere sceglie un film non alla portata di tutti, poco chiaro e piuttosto lento. L'opera però ha comunque un suo fascino e presenta alcune caratteristiche del futuro cinema avatiano: un certo gusto per il grottesco, le ambientazioni, lo stile recitativo e ovviamente il cast. È un film di difficile digestione, ma non mancherà di affascinare i fans del regista bolognese. Merita uno sguardo, se non altro perché è l'opera prima.
Nel regno degli horror italiani Pupi Avati ha un ruolo davvero unico e ci ha regalato ottimi titoli. Non questo però. Il suo esordio è piuttosto bizzarro, anche in maniera piacevole, ma troppo artificioso e macchinoso per essere seguito con attenzione. Ha una trama forse troppo fitta che affronta temi come la dualità dell'individuo. Ci sono assassini invisibili e indizi da trovare. Il problema, forse, sta proprio nella troppa carne al fuoco che il regista ha voluto mettere (gesto comprensibile) nel suo film d'esordio.
Il film di Fellini che ricorda di più è Giulietta degli spiriti, ma con tono grottesco e messa in scena piuttosto approssimativa per cui il clima di mistero qui non è altrettanto amplificato. Le situazioni si susseguono come in un film d'avventura (Barbarella?), il caos è accentuato dalla logorrea nei dialoghi. Centrale la tematica della creduloneria popolare smorzata da un tocco di pop fumettistico (ad esempio Greta Vaillant fa il verso a Vampiria di Plan 9). Però si fa strada in questo contesto la capacità di Avati di creare vibrazioni più interiori e dinamiche nascoste.
MEMORABILE: La processione nel bosco; Le melodie canore femminili; Il grafico scientifico delle prestazioni magiche di Balsamus; Le persone in bianco e nero.
Così come i collaboratori del santone manipolano Balsamus, pure Avati butta fumo negli occhi stordendoci con una girandola di dialoghi iperbolici orpellati da scenografie e costumi frastornanti. Un circo deforme che si avvita su sé stesso, che nasce e implode sul posto senza svilupparsi. L'unico che ci crede è Balsamus: chiuso nella sua bolla allucinatoria procede imperterrito con le sue declamazioni deliranti. Mentre noi, al contrario, vorremmo scendere da questa giostra al più presto, tornare nel mondo, sentire di nuovo il camionista ateo cantare Sergio Bruni come a inizio film.
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Zender ebbe a dire: Perché la scala mereghettiana va da 2 a 4 e non da 2 a 5 come la nostra.
Mmmmh....
Non credo ciò sia sufficiente per una parametrazione aritmetica. Molti altri (anche il Legnani da giovane...) hanno una scala a 4 stelle, ma uniscono a 4 i film che altri valuterebbero 4 o 5.
A meno che la legenda del Mereghetti non vada dichiaratamente in altro senso. Che dice la sua legenda?
DiscussioneZender • 24/03/10 15:59 Capo scrivano - 48546 interventi
Sì, certo scusa, da 1 a 4. No no, leggendo il Mereghetti da tanti anni si capisce che un suo due pallini vale decisamente più del nostro. La legenda dice solo che va appunto da 1 a 4 e comprendendo i mezzi voti, ed è pieno di 3 e mezzo, sul Mereghetti.
Zender ebbe a dire: Sì, certo scusa, da 1 a 4. No no, leggendo il Mereghetti da tanti anni si capisce che un suo due pallini vale decisamente più del nostro. La legenda dice solo che va appunto da 1 a 4 e comprendendo i mezzi voti, ed è pieno di 3 e mezzo, sul Mereghetti.
Ho capito. Semplificando (ma tu mi capisci) a un film "discreto" lui dà **?
DiscussioneZender • 24/03/10 20:26 Capo scrivano - 48546 interventi
Non saprei essere così preciso. Diciamo che usando i termini matematici si fa prima. come dicevo, due palline sue sono un po' più su delle nostre, comunque sì, in linea di massima penso che si possa dire come dici.
CuriositàEllerre • 16/09/10 00:13 Call center Davinotti - 1215 interventi
Ottima foto sul set del film resa pubblica da Pizzirani!