Gabriele Lavia e la moglie Monica Guerritore replicano, un anno dopo SCANDALOSA GILDA, con un altro film erotico patinatissimo, che si vorrebbe qui ispirato ai grandi noir d'oltreoceano. Ma Lavia che gioca a fare l'Humphrey Bogart (o l'Alain Delon dei polar francesi, se preferite) ottiene inevitabilmente un effetto buffo, soprattutto perché le frasi/sentenza di cui SENSI è impregnato e che spezzano i lunghi silenzi pretendendo di apparire profonde e intelligenti, sono troppo spesso banalità incredibili, da citazione trash (come quella della Guerritore che, sentito Lavia richiedere una doccia prima di fare l'amore,...Leggi tutto annuncia solennemente di preferire il "gioco sporco" perché a lei l'uomo piace sentirlo, odorarlo, gustarlo...). La storia è minimale, giusto quel poco che consente di dare una vaga forma al film, e vede un Lavia killer (scioccante il primo omicidio in auto, con revolverata in piena testa) perseguitato dai suoi stessi ex-committenti e rifugiato in un bordello, dove conoscerà l'affascinante Vittoria (la Guerritare, truccata e vestita in ogni modo per apparire la prosituta di classe più sexy mai vista). Il rapporto tra i due è ovviamente trascinante, passionale, ma anche più freddo di quanto non si possa pensare: ripreso al ralenti, in penombra, in controluce utilizzando le tecniche classiche dell'erotismo d'autore, mentre le musiche di Fabio Frizzi fanno di tutto per riempire - senza mai essere invadenti - i paurosi cali registici. A dire il vero comunque una certa ricerca nello stile dell'inquadratura esiste e alcuni dialoghi, pur non trascendentali, si fanno persino apprezzare rimarcando la curiosità di un'opera insolita per il nostro cinema, con un Lavia attore pur sempre professionale.
Attrazione fatale tra un killer in fuga e una "bella di giorno": tema tutt'altro che nuovo, che Lavia - ispirandosi al noir americano - mette in scena con scarsa originalità e viene penalizzato da dialoghi (soprattutto quelli a contenuto sessuale) a tratti veramente imbarazzanti. Si salva l'impatto visivo di alcuni omicidi, freddi ed efferati.
Scompiscevole tentativo di noir autoriale da parte di un Lavia frastornato da quella cosa lì, che non pago di avere somministrata in privato dalla Guerritore, decide di elevare a motore di un film da far studiare, come esempio e di degrado estetico (la fotografia da video dei Depeche Mode) e di comicità involontaria. Ci sono anche momenti pulp ante litteram, ma la pretenziosa banalità e l'esistenzialismo sfacciatamente esibiti "nun se battono". Da non mancare per nessun motivo.
Thriller erotico che definire poco riuscito è sempre poco. Scritto e diretto con una tale approssimazione da fare invidia al peggior regista del mondo (Ed Wood), condito da dialoghi imbarazzanti e una recitazione indegna di definirsi tale. Pessimo.
Se il successivo Scandalosa Gilda è da relegare come uno dei peggiori prodotti della lussuria umana, questo film è quantomeno intrigante. Una buona fotografia, una trama semi-noir e semi-erotica sono gli ingredienti di questo onesto film di Lavia. Ho sempre pensato che Sergio Martino, per il suo Spiando Marina abbia attinto a piene mani dall'intreccio di questo film. Post scriptum: la sigla di testa è una canzone "synth-rock '80" cantata da Tommie Babe su parole di Lavia e musica di Frizzi.
Bistrattato, ma non brutto come lo si dipinge, purtroppo il Lavia regista (accompagnato dalla non eccezionale Monica Guerritore, allora sua moglie) non è all'altezza del Lavia attore. Ciò nonostante, se preso per quello che è (ossia uno scialbo thriller erotico), il film è persino digeribile. In giro c'è di peggio.
Chi cerca di capire cosa sia l'erotismo, non lo chieda a Lavia e compagna. Non bastasse Scandalosa Gilda i due ci riprovano, con risultati altrettanto
negativi. Stavolta però il modello è, in parte, il cinema noir americano con inserti
passionali, che di sensuale hanno davvero poco. Il ridicolo e la noia affiorano però
molto spesso. Il classico esempio di trash involontario.
Lavia tratteggia due figure pessimiste, tetre, pur sensuali ma al tempo stesso ciniche e malinconiche. La sessualità nel film (non solo in questo per Lavia) è qualcosa di problematico, spesso un mezzo per irretire una vittima, per raggiungere uno scopo. Si assiste qua ad un (anti)erotismo di tipo gelido, glaciale, premonitore del destino che ha riservato, ai due protagonisti, un inatteso (non)futuro. L'aspetto giallo prevarica, in taluni contesti, quello erotico. Ma il film difetta per una sceneggiatura che, a causa di dialoghi concisi e banali, non valorizza affatto il buon intento di regia.
Non l'ho trovato così disdicevole come comunemente è considerato, sebbene alcuni dialoghi ridondanti lascino il tempo che trovano; l'erotismo è all'acqua di rose e certamente non può essere considerato il fulcro del film, che più che altro si muove sui binari del noir classico tra gangster, killer professionisti e una storia d'amore morbosa e tormentata. Passando quindi sopra ad alcune ingenuità di sceneggiatura e a una certa artificiosità, ci si può anche appassionare alla storia, che offre un bel finale e alcuni brevi squarci di violenza.
Cosa salvare? Poco e niente. Anche la fotografia contrastata, che sulle prime non dispiacerebbe, si riduce a mero cliché (e l'opera è tutto un imperversare di cliché pessimamente trattati: il killer tetro, la donna biforcuta, l'esistenzialismo noir, l'erotismo pericoloso e morboso - materiale nobile che qui viene svilito e coperto di ridicolo). Il colpo di grazia lo sferrano i dialoghi, ora banali ora involontariamente comici. Lavia dirige senza ombra di stile, imitando non si capisce quale modello d'oltreoceano; Guerritore fuori fase.
Un sicario professionista a Londra deve far rientro per ragioni di sicurezza a Roma, dove si rifugerà in una casa d'appuntamenti. Lì conoscerà una prostituta d'alto bordo. Dopo Scandalosa Gilda continua il connubio Guerritore/Lavia (allora coniugi) inseguendo un po' il filone - allora "di moda" - del sesso patinato. Belle immagini, luci soffuse e arredamento essenziale/ricercato Anni '80. Bella cornice, ma vuoto il contenuto: un campionario di ridanciani dialoghi (fintamente colti) e frasi d'amore da Baci Perugina. Puro trash involontario.
Sicario si rifugia in una casa di appuntamenti: è braccato, ma trova il tempo di intrecciare una relazione con una prostituta. Reduce dal ridicolo Scandalosa Gilda, Lavia scrive, dirige e interpreta un noir esilarante in cui coinvolge l'allora consorte Monica Guerritore e, incredibilmente, pure il gotha del cinema di genere italiano (Sacchetti, Clerici, Mannino, Vulpiani, Innocenzi, Fabio Frizzi, Paolo Ricci). Il livello artistico garantisce all'incirca un pallino, ma i contenuti trash ne meriterebbero almeno cinque; e proprio per questo motivo il film è da vedere!
MEMORABILE: "Sei stato con tutte le ragazze di qua dentro?", "Sì", "Ti è piaciuto?", "Quanto basta.", "E a loro?", "Le ho pagate... io pago sempre"; Il finale.
L'idea era quella di realizzare un noir autoriale, che coniugasse sesso patinato e qualche sorpresa (tipo il finale) con uno sguardo distaccato e intellettuale. Solo che l'operazione non funziona mai, soprattutto a causa di dialoghi talmente stereotipati da risultare ridicoli. Anche Gabriele Lavia è completamente fuori parte, la Guerritore è molto bella ma non basta a salvare il film.
Noir del duo Lavia–Guerritore, con tre sceneggiatori che si affiancano al regista nel tentativo di renderlo, con narrazione simil chandleriana, più raffinato rispetto al precedente, tremendo Gilda. Peccato che il soggetto, che poteva anche risultare interessante, venga penalizzato dalla recitazione smaccatamente teatrale dei protagonisti, coppia nella vita, incapaci però di fornire alle loro scene amoreggianti una reale intensità erotica. Discreta comunque l'ambientazione, forse l'unica cosa che funzioni davvero nel film.
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MusicheTomastich • 7/07/11 19:17 Call center Davinotti - 117 interventi
canta una certa Tommie Babe, le musiche sono di Fabio Frizzi (e forse dello stesso Lavia): tech/aor alla massima potenza !!
WE'll die together:
Da dichiarazioni dello stesso Lavia sul film, in merito alle fonti di ispirazione, si apprende che Poe, Hitchcock e Woolrich sarebbero i punti di riferimento ai quali Sensi ruota attorno.
Pur trattandosi di una pellicola noir, con forti venature gialle ed un sottofondo di palpabile pessimismo, dei primi due autori nel film non parrebbe esservene traccia.
E' vero, però, che l'atmosfera noir dei romanzi americani di Woolrich pare - in più contesti - emergere tra i fotogrammi del film, in particolare nell'universo di perdizione e violenza che avvolge - con manto di predeterminazione - i due personaggi: due anime perdute che rincorrono, forse senza saperlo, pulsioni di amore e morte; due menti sconvolte che agiscono spesso senza intuire quale sia la vera origine degli antitetici -eppur qui combacianti- sentimenti.