Notevole, senza dubbio. Costruito con grande attenzione, ma senza pesantezza, descrive bene la situazione di partenza e poi conduce impeccabilmente lo spettatore, come la protagonista, nei meandri limpidi della torbida sottomissione. E sul finire, quando può parere che uno snodo narrativo cada nel banale, basta attendere pochi minuti per capire che la cosa era invece funzionale. Perfetti Terzieff e la Wiener.
Clouzot dà l'addio all'attività di regista con questo film per me straordinario. Straordinario nella tecnica, con scene che emozionano, che siano in interni o in un porticciolo o su di uno scoglio. Con un uso del colore ben studiato ed effetti psichedelici notevoli. L'argomento poi è importante e trattato in modo da non farlo mai scadere nel banale o peggio nel più superficiale dei voyerismi, merito anche di un Terzieff e di una Wiener in stato di grazia. È comunque di amore che si parla e dell'universo femminile, mai abbastanza sondato e capito.
L'ultimo film di Clouzot è un intenso dramma a forti tinte connotato da uno stile
visivo sperimentale che non si dimentica facilmente e da una storia che pur dando
ampio spazio alla parola non cade mai nella verbosità gratuita ed ha il merito di non essere mai volgare e pruriginoso pur trattando un tema audace e scottante. I meriti sono da dividere equamente tra la bella regia, una sceneggiatura affascinante e non poco intrigante, degli attori perfettamente in parte ed una fotografia disturbante e sontuosa firmata da Andreas Winding.
La prigioniera del titolo è una giovane donna sottomessa psicologicamente ad un uomo arido e cinico. Henri-George Clouzot a fine carriera cambia registro, avvicinandosi al cinema della nouvelle vague, intrecciando arte (con discreti giochi visivi), voyeurismo e amore in un tortuoso vortice di passioni che si abbatterà implacabile sulla protagonista. L'ultima parte però è datata, si salva giusto il finale. Deliziosa ed eccitante Elisabeth Wiener.
Commiato "hors categorie" per il regista più controverso del cinema francese. Fin dal titolo "proustiano" è un film in cui riecheggia il clima claustrofobico e morboso tipico dello stile di Clouzot, contrappuntato però dalla ricerca di opzioni tecniche altre, con cui raccontare patologie allora poco dicibili, ma alfine riconducibili alle dinamiche tra i sessi. Variazione originale sul tema del triangolo nel quale l'occhio e la visione hanno parte preponderante. Resta apppiccicato addosso e rimane in mente. Wiener e Terzieff emanano un fascino malato.
MEMORABILE: La prima seduta fotografica in cui la Wiener guarda Terzieff e la modella: montata in modo da render palpabile il crescendo di eccitazione-repulsione.
Dimenticatevi tutto quello che avete visto di Clouzot fino a ora perché questo è tutt'altra cosa. Il regista per il suo ultimo film abbandona il noir e ci propone un film quasi sperimentale e molto, molto sensuale. Ne esce un lavoro particolare e molto erotico, che non sembra prendersi troppo sul serio se non proprio in chiusura. Deliziosa e sensuale la Terzieff.
Gremito dagli effetti ottici dell'arte moderna - Duchamp, Vasarely, Rodchenko… - il film di Clouzot fa capo alle teorie di De Sade collocandosi laddove l'artista non riproduce più il dato sensibile ma lo àltera, lo manipola: l'illusorio controllo esercitato dall'uomo sulla Natura, prima che essa si ribelli. Prigionieri delle convenzioni borghesi, sono tutti i personaggi: chi per sottomissione, chi per reazione. Plasmati, traditi dalle forme, capitolano nella mediocrità, mentre l'inconscio dichiara conflitti insanabili. Film voyeurista, destabilizzante, capolinea di un maestro del cinema
Il conformismo borghese come una gabbia da cui non si evade: da tale premessa, l'addio al cinema di Clouzot, immerso in sperimentazioni visive optical, non poteva essere che un'opera dalle atmosfere torbide e claustrofobiche, con i rapporti tra i personaggi tenuti sempre sul filo della tensione dialettica, fisica e sessuale. L'impossibilità di amare celata dietro il voyeurismo sadico e il magnetico algore maudit di Terzieff si compenetrano con la curiosità e la calorosa dolcezza della sottomessa Wiener in un intreccio sensuale patologico e disperato,stretto con mano ferma da un grande regista.
MEMORABILE: Il confronto tra i due uomini sul tetto; l'incidente al passaggio a livello e le visioni della Wiener in ospedale.
Tranquilla borghese, emancipata quanto basta, si fa travolgere in un torbido vortice sadomasochistico da un cinico e tormentato mercante d'arte, impotente e pornofilo. Il grande Clouzot si congeda dal cinema con un'opera di forte personalità che riesce a sublimare la scabrosità della materia con uno stile secco e tagliente. Qualche caduta nella sceneggiatura è ampiamente compensata dal magistrale studio dell'inquadratura, dall'ottima fotografia e soprattutto dalla superba prova dei due protagonisti: un luciferino Terzieff e una sensuale Wiener.
MEMORABILE: Gli incubi psichedelici della Wiener in ospedale dopo l'incidente.
Una giovane donna, moglie insoddisfatta di uno scultore d'arte moderna, subisce il fascino di un gallerista che si diletta nel fotografare donne nude in pose sottomesse… L'ultimo film di Clouzot è anche quello più sperimentale dal punto di vista della rappresentazione, con l'inserimento di sequenze oniriche ed altre composte da frammenti subliminali, anche se poi ad intrigare sono soprattutto quelle, girate nel suo stile consueto, in cui mette in scena un complesso rapporto di attrazione/repulsione, in cui sadismo e masochismo giocano a rimpiattino e l'amore mette i bastoni fra le ruote.
MEMORABILE: Lei in impermeabile giallo, lui in impermeabile rosso, giocano a rincorrersi sulla spiaggia fra i relitti delle navi arenate.
Arte moderna mischiata a psichedelia e tanta infinita noia per le paranoie del protagonista, che finisce per contagiare chiunque gli si avvicini (figurarsi lo spettatore, che fa il conto alla rovescia!). Per di più Terzieff pare un po' il nostro Capolicchio, cioè particolarmente insopportabile nei suoi piagnistei; qui non è né voyeurista né voyou, né tantomeno voyager... Peccato non esistessero i voucher che sarebbero stati più assonanti, per lui. La Wiener piccola e aggraziata finisce pure lei per diventare pesante come un macigno. Decorazioni a parte è il classico film da scordare.
MEMORABILE: Il passaggio a livello; La telefonata alla modella.
Moglie di artista si invaghisce dell’amico gallerista. Trama con tutte le accezioni della morbosità (le foto private, la noia latente, la curiosità) che non sfocia nel gratuito. La discesa verso la sottomissione avviene come un fatto ineluttabile a cui la protagonista non può resistere. L’ambiente sperimentale dell’arte (con relativi giochetti per arrivare) si accosta perfettamente alla coppia Terzieff/Wiener: lui ha enorme presenza scenica, lei è meno naturale. Piena di idee la parte onirica.
MEMORABILE: La foto nel mezzo delle parole; L’eccitazione per le pose dell’estetista; Sullo scoglio in due; La foto che si ricompone.
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"(...) Come in Manon, Clouzot ci ripete che l'amore può nascere dall'abiezione.
E il film si organizza intorno alla misteriosa figura di Laurent Terzieff, interprete eccezionale di un mostro più umano degli esseri normali.
La morale del film ribadisce il diritto alla diversità con accenti che ricordano certe pagine di De Sade."
Scusa Legnani, non per farmi i cavoli tuoi, ma il tuo commento forse non corrisponde alla perfezione al voto: dai 3* e dici "molto notevole".
"Molto notevole" (anzi, "davvero notevole", che è comunque la stessa cosa) corrisponde esattamente ai 3* e mezzo...
Funesto ebbe a dire: Scusa Legnani, non per farmi i cavoli tuoi, ma il tuo commento forse non corrisponde alla perfezione al voto: dai 3* e dici "molto notevole".
"Molto notevole" (anzi, "davvero notevole", che è comunque la stessa cosa) corrisponde esattamente ai 3* e mezzo...