Il tempo di goderci i titoli di testa (che scorrono su un mirabilissimo collage di vecchi giornali che riportano le gesta di “The ram”) e subito Aronofsky getta la macchina da presa addosso a Rourke (non la toglierà praticamente più da lì, con sovrabbondanza di primi e primissimi piani). Lo segue da dietro, ce lo mostra di spalle come farà con altri personaggi nel corso del film rendendo la cosa a lungo andare abbastanza fastidiosa. Sono passati 20 anni e the Ram, il lottatore che nonostante l’età continua ad essere un faro del wrestling, non si dà per vinto. Anzi, lo vediamo combattere sul ring beccandosi i colpi di una sparapunti nella schiena, tutto in nome dello spettacolo! E’ forse...Leggi tutto già la scena meglio girata del film, spettacolare e montata alla perfezione. Poi l’infarto, il declino e comincia la storia dell’uomo, sorta di Rocky Balboa precipitato ancora più in basso, un uomo a pezzi incapace di avere una relazione normale (la figlia lo odia, la donna che vorrebbe fa la showgirl in un night e lo tratta poco più che come un cliente) e costretto a lavorare al bancone del supermarket (le scene più divertenti). Mickey Rourke riesce a dargli lo spessore necessario anche perché esiste un parlallelo con la sua vita reale, e quindi ne esce un film profondamente realista nella descrizione di uno sport che è invece l’antitesi del realismo (gli incontri sono spettacoli decisi a tavolino, per quanto sul ring la cosa possa non sembrare). Un film diretto diligentemente, che colpisce pur senza mai davvero uscire dai binari di storie già ampiamente raccontate. In questo senso poco incide il personaggio interpretato con professionalità dalla Tomei, lap dancer dal cuore d’oro come troppe se ne son viste. THE WRESTLER vive di momenti, a cui si alternano spesso scene eccessivamente diluite che lambiscono la noia. Rourke fa ciò che deve fare e lo fa bene, ma mancano al film, per convincere pienamente, quegli slanci propri dei grandi registi (Aronofsky non lo è fino in fondo). Se funziona lo deve soprattutto alla perfetta immedesimazione di Rourke, misurato e in parte come pochi altri avrebbero potuto essere. Sprecata la tanto pubblicizzata canzone di Springsteen, che chiude il film sui titoli di coda, quando ormai il film ha già chiuso in modo nettissimo. Tanto valeva ascoltare il disco...
Magistrale! il rientro di Rourke sulle scene procurerà di sicuro una lunghissima eco di pareri positivi. Film meraviglioso, dotato di un sentimento puro, vero e della strada. Privo di falsi buonismi da vecchia Hollywood, sa regalare vere sensazioni e magiche atmosfere. Mickey Rourke è assolutamente stratosferico e ben oltre le aspettative (almeno le mie), eccezionalmente in forma fisica e con un ghigno generato per metà dal chirurgo e per metà dall'eccesso. Uno dei più bei film che abbia visto (certamente con gli occhi di un grande fan di Rourke).
Ottimo, intenso e sincero dramma esistenziale di Aronofsky che racconta la vita spezzata e le ambizioni tradite, le delusioni e i tentativi di riscatto di un uomo il cui corpo dice molto della sua anima (segno poetico chiave per il regista). Attraverso la prova incredibile di Mickey Rourke, il film rende perfettamente il dietro e il davanti le quinte di un mondo e le sfumature vitali di una sub-società che ha bisogno di passato e vecchie glorie: Emozionante e amaro, epico, come ogni sogno di gloria infranta, scritto bene, diretto meglio.
Grande film di Aronofski, in cui si scrolla di dosso le pastoie new age del precedente The Fountain e racconta la vita in diretta, con la semplicità della realtà e la magia del cinema. Trova un Mickey Rourke nella sua più grande interpretazione, capace di reggere la macchina da presa addosso dalla prima all'ultima inquadratura del film, ma è anche una grande metafora dell'America di oggi. Contiene un omaggio a Bruce Springsteen in una scena ambientata nei luoghi della canzone "Sandy". Il Boss ricambia col brano nei titoli di coda: The Wrestler.
MEMORABILE: Rourke: "Non ne fanno più di canzoni così... Def Leppard, Motley Crue... poi è arrivato quel frocetto di Cobain e ha rovinato tutto"
Il ruolo del campione "The Ram" Robinson, un vecchio leone alla fine della sua carriera, con un futuro di nulla davanti e alla ricerca di un qualche riscatto, sembra ricalcato con precisione su Rourke, che infatti interpreta il suo personaggio alla perfezione. Se aggiungiamo che tutto il film vi è costruito intorno ottimamente (un riferimento particolare alla colonna sonora, ricca di grande rock e con un pezzo scritto appositamente da Springsteen), quella che ne viene fuori è una pellicola capace di coinvolgere ed appassionare come poche altre.
Diviene sempre più arduo osare quest'espressione, ma tant'è... capolavoro di una raffinatezza unica. Dai tempi di Pi Greco Aronofsky non fa che sfornare gemme. Dopo questa riconferma, si candida ufficialmente per la carica di "regista contemporaneo più interessante". Un Mickey Rourke in stato di grazia, in evidente simbiosi col suo personaggio: un artista che, come molti del suo ascetico rango, riesce ad esprimersi solamente nel proprio campo di appartenenza, zoppicando inevitabilmente nell’ordinario. Eccezionali Marisa Tomei e Evan Rachel Wood. *****
Rourke, con questo personaggio, ha pescato il jolly. La parte sembra cucita sulla sua pelle. E' un ruolo perfetto per l'odierno Mickey, con volto e fisico sfigurati, quasi grotteschi (non c'è muscolatura che tenga). Non sembra recitare, quasi come se stesse vivendo la vita di questo lottatore semi distrutto, che non sa fare altro che combattere. Quando prova a impegnarsi in qualcos'altro (un lavoro normale, tenatare di riallacciare il rapporto con la figlia), fallisce miseramente. Personalmente, avrei fatto finire il film quando sale sul ring (il resto era prevedibile). Bene anche la Tomei.
MEMORABILE: Al bancone: "Questa insalata è fresca?". E lui: "Fresca come l'alito di una scimmia". Alla figlia: "Sono solo un pezzo di carne maciullata".
Intenso dramma sportivo dominato da un Mickey Rourke da applausi, il cui volto devastato sempra creato apposta per il personaggio che interpreta. La sceneggiatura ricalca la classica storia del perdente che trova riscatto nello sport (in questo caso si potrebbe parlare di sport come unica ragione di vita) caratterizzandosi per una notevole dose di realismo e amarezza. La regia è cruda e priva di compromessi, con la macchina da presa che segue impassibilmente il protagonista per tutta la pellicola. Brava Marisa Tomei. Buon film.
Premessa: si tratta di un buon film, Rourke merita i premi che ha vinto perché è molto credibile nel ruolo di Wrestler masochista ma alcune scelte narrative mi hanno lasciato perplesso. Il rapporto con la figlia è descritto in maniera didascalica e l'ennesima riproposizione del canovaccio "padre-pentito-che-cerca-di riallacciare-i-rapporti-con-la-figlia-trascurata-ma-il-giorno-dell'appunamento-non-si presenta" mi sa tanto di film pomeridiano su canale 5 tipo "donne al bivio". Un clichè bello e buono (e non è l'unico) che Aronofsky poteva evitarci.
A volte sembra quasi che l'establishment del cinema (hollywoodiano o meno) senta il bisogno di "lavarsi la coscienza" per avere maltrattato o sottovalutato qualcuno. Chiaramente questa "riabilitazione" deve portare con sè il suo bel potenziale di marketing, come in questo "The Wrestler", cucito su un (come sempre) grande Rourke. Per il resto il film vale un modestissimo tv-movie che per piattezza dei personaggi e banalità dell'intreccio è davvero da dimenticare.
MEMORABILE: Quando The Ram sta per entrare sul "ring" del bancone affettati del supermercato, come se iniziasse un nuovo incontro.
Mickey Rourke è The Wrestler, The Wrestler è Mickey Rourke. Il film è semplice, financo prevedibile in qualche passaggio (il rapporto padre/figlia), ma è impossibile non innamorarsi di Randy "The Ram" Robinson. Rourke rende magico ogni momento, dagli incontri di wrestling alle scene di vita quotidiana, mostrando un'espressività incredibile. Aronofsky lo pedina per tutto il film, carpendo ogni signolo movimento, ogni singola emozione. Grandissima opera. Ps. Il doppiaggio italiano tradisce il senso di taluni aspetti tecnici della lotta.
Raramente negli ultimi anni è stata raggiunta una tale immedesimazione tra attore è personaggio. Mickey Rourke è The Ram e la storia del vecchio lottatore in declino in cerca di un'occasione di riscatto è la storia di questo grande attore che ha saputo trovare la parte della vita. Non a caso il regista incentra praticamente tutto il film sulla sua immagine martoriata da anni di incontri e che diventa quasi una trama a sè. Il film è emozionante e partecipe della sofferenza del personaggio e dell'attore.
La parabola del declino e della rivincita, già apparsa sul grande schermo con Rocky Balboa (ma anche con The Rocker e School of Rock!), stavolta arriva assolutamente ispirata e toccante. Tra sobborghi, spogliatoi, bottiglie di birra, lap-dancers, colonna sonora stradaiola e nostalgica (da segnalare Accept, Scorpions, Firehouse, Ratt, Cinderella, tra gli altri), Rourke tenta il sorpasso ai danni dell'ultimo Stallone: e ci riesce! Da vedere.
MEMORABILE: Il commento di Rourke su Kurt Cobain è già leggenda.
Sarà una frase già sentita, ma Rourke incarna in maniera piena, totale, il suo personaggio. E tutto il film è sulle sue spalle (doloranti). Benchè la trama abbia una inevitabile dose di prevedibilità (il campione decaduto ecc.) il tutto è reso in maniera incredibilmente realistica e cruda: le iniezioni vere, i buchi della sparapunti sulla pelle... Randy The Ram promana forza disumana (Rourke è quasi diventato un culturista) ma al contempo fragilità (cicatrice sullo sterno, faccia devastata). Tra le più significative pellicole del 2008. 4 pallini.
MEMORABILE: Il connubio forza/decadenza di un personaggio ormai fuori epoca come The Ram ha un tocco vagamente gattopardesco (se mi si consente questa licenza!).
Aronofsky come il nostro Garrone. La "trina" entità Regista/Camera/Attore muove ingranaggi perfetti grazie all'"Uno" Rourke. Mickey ha smesso di guardarsi allo specchio. Ha la macchina da presa addosso e sembra non accorgersene. Un miracoloso processo di sottrazione. Gli atteggiamenti ammiccanti dello sciupafemmine John Grey si trasformano nei piccoli gesti del gigante Randy Robinson. Wrestling e nulla più. Due donne non significheranno redenzione. Il ritorno sul ring per "motivi di cuore", poi Ram Jam e andiamo a farci una birra"... Senza fiato.
MEMORABILE: Il parallelo dei due passaggi dal corridoio, dall'arena al supermercato.
Straordinario film che rappresenta perfettamente uno spaccato sui lottatori delle federazioni minori del pro wrestling. Rourke è perfetto più di chiunque altro nella parte di Randy, il lottatore che ha conosciuto il massimo del successo negli anni 80 e non si è più spostato da lì, vivendo la sua vita sempre come se il tempo non fosse mai andato avanti. Purtroppo il destino infame è dietro l'angolo. Marisa Tomei ancora in formissima.
MEMORABILE: La vendita del proprio merchandising in una palestra scolastica con altre vecchie glorie malridotte.
Intenso e struggente dramma personale interpretato da un grandissimo Mickey Rourke, finalmente tornato a lavorare su un progetto solido. La regia impietosa ed indagatrice segue ovunque il suo protagonista, innamorata di lui ed incuriosita dal suo declino e dalla sua voglia di riscatto. Impossibile non identificare Mickey in tutto e per tutto con il suo personaggio, con il quale condivide una simile vicenda personale, fatta di successi ed inesorabili cadute. Imperdibile per i fan dell’attore, è comunque un ottimo film da vedere per tutti.
MEMORABILE: Il discorso finale del wrestler al suo pubblico. Rourke a nudo.
Rourke riesce a trovare una sua nuova dimensione nei panni di un personaggio che ha parecchi punti in comune con la sua vita reale. E difatti l'interpretazione è sentita e naturale, a tratti assolutamente emozionante. Il regista conduce l'opera con un taglio alla ultimo Van Sant, quasi documentaristico, con molti primi piani e la mdp che segue il protagonista da dietro e in tutte le sue azioni; l'assenza di colonna sonora (le uniche musiche provengono da apparecchi) conferma la tendenza. A tratti prevedibile, ma tremendamente efficace. Ottimo.
MEMORABILE: Terribilmente triste la scena in cui The Ram e le altre vecchie glorie del wrestling si riuniscono per firmare autografi.
Macilento e ostinato, fiero e grottesco, il corpo di Rourke è un’allegoria impietosa e sadica dell’America odierna (ante Obama?) a partire dallo smarrimento identitario e morale sancito dal passaggio culturale, politico tra gli ’80 e i ’90, col suo deposito sgradevole di inadeguatezza e rabbia. La convenzionalità del racconto e la scansione inesorabile delle tappe usuali al declino, conferiscono limpidezza e immediato riconoscimento emozionale. Impressionante, coraggiosa e persino imbarazzante, l’adesione di Rourke al personaggio. Aronofsky scruta, con indiscrezione ed enfasi.
Rourke sembra decisamente aver ripreso la via del successo pur maciullato nel fisico (è insostenibile come sia diventato) e qui recita veramente benissimo. Il film è ben girato ed anche se affronta, magari, uno sport da noi conosciuto marginalmente, riesce a coinvolgerci. Salvo qualche momento patetico, come l'ennesimo fallimento con la figlia, o la presenza di una redenta Tomei (in formissima) all'ultimo match, è tristemente coinvolgente. È un film che consiglio senza dubbio!
Protagonista assoluto è il fisico possente-decadente di Rourke; il regista lo fa a pezzi a colpi di inquadrature, indugia alle sue spalle, ne mostra la sofferenza, sempre da un punto di vista ravvicinato che riempie lo schermo e tornisce alla perfezione il personaggio. Un Rourke quasi monoespressivo, mai così anti-violento persino quando la violenza attorno a lui, da ironica e leggera, si fa dolorosa e seria. Meno piacevole la sceneggiatura, che tocca il suo punto più basso nel rapporto con la figlia e si fa fastidiosamente scontata nel parallelismo con la spogliarellista e nel finale.
MEMORABILE: Il dollaro puntato in fronte. La camminata/entrata in scena in direzione del bancone dei salumi al supermercato.
La storia incentrata su un perdente e sui suoi tentativi per riscattarsi è vecchia come il mondo eppure il film è molto bello e coinvolgente grazie alla splendida prova attoriale di un Rourke in forma strepitosa che riesce a restituire perfettamente allo spettatore i dolori, le umiliazioni e le gioie (ben poche) del suo personaggio che sembra gli sia stato cucito addosso. Ottima anche la prova della Tomei. Molto bello il finale amaro e aperto che rappresenta il colpo di coda di un film meritevole di essere visto.
MEMORABILE: Rourke al bancone dei salumi, ma soprattutto la tristissima scena dell'incontro con le vecchie glorie per firmare autografi.
The Wrestler significa puntare su un bravissimo Rourke, martoriato dal tempo e dagli eccessi (e Aronofsky lo sa benissimo inquadrandolo di continuo, senza pietà ma anche senza troppa retorica). Però il resto è girato con sufficienza, fatta eccezione per due momenti belli amari: l'esordio dietro il bancone del fresco e la sala dove le vecchie glorie fanno merchandising. Per il resto ci si diverte con la sparapunti e il backstage degli incontri di lotta. Buon film.
Una storia abbastanza convenzionale girata con stile e grande intensità. Rourke è semplicemente perfetto e lo stile asciutto ma suggestivo della regia sottolinea una narrazione semplice ma emozionante, priva di facili sentimentalismi e di retorica. La ripresa finale rimane nel cuore.
Il film con Mickey Rourke più riuscito. Il pregio di questa pelicola è che riesce a fondere finzione con verosimiglianza. La trama è rappresentata dal campione in declino che non vuole arrendersi al tempo che passa, che cerca una relazione (stabile?) con una lapdancer, che tenta di riallacciare un rapporto oramai alla deriva con la figlia, che prova a risalire la china. Il regista Aronofsky però (per un momento) si libera dell'istrionesco Rourke e accade il miracolo: ognuno di noi, comincia a pensare al disadattato sotto casa! Geniale!
MEMORABILE: Nello spogliatoio della palestra il tipo vende la "chimica", the "stuff", il doping: più vero di uno snuff movie!
Diciamocelo, un film abbastanza dimenticabile. Sì ok, il grande Mickey Rourke, lo stile neorealista, la crudezza di molte scene, la macchina a mano che pedina il personaggio... Ma il tutto è abbastanza telefonato. E la parabola del perdente wrestler troppo confezionata ad arte per commuovere veramente o risultare davvero sincera. Aronofsky ha il pregio di abbandonare le ruffianerie pseudo-artistiche dei suoi film precedenti ma continua a rimanere un bravo studente, che si limita a copiare lo stile degli altri. E siamo già al quarto film.
Uno sguardo, il rumore del pubblico tutto attorno, il sudore e la stanchezza. Rourke interpreta in modo magnifico un personaggio che deve necessariamente combattere per non fare i conti con la propria vita. Vita formata da cocci frantumati. Vita composta da cocci incollati. Apparentemente banale "The wrestler" prima sfiora, ma poi affonda a piene mani nell'anima dello spettatore e la fa vibrare come non mai. Ci si ritrova lì, a fianco al gladiatore, senza neppure accorgersene e si incomincia a piangere. Capolavoro.
Immensa prova del grande Mickey Rourke nel ruolo di, nel bene e nel male, un wrestler e nient'altro. Bellissima la colonna sonora sulla quale spicca il pezzo da pelle d'oca di Springsteen, grande amico del protagonista. La Tomei pur non giovanissima è ancora una pupa da sballo. Divertenti i combattimenti wrestling nella prima parte. Molto intensa e commovente la parte centrale, bellissimo il finale.
MEMORABILE: Il dialogo con la figlia; the Ram "serve" i clienti; il finale.
Straordinario. La tristissima storia del wrestler 'The Ram', eroe decaduto della lotta libera anni 80, costretto a lavori part-time e a dormire in un furgone pur di restare ancorato al suo personaggio. Per certi versi The Ram ricorda persino L'Uomo Tigre: le sofferenze stoiche sul ring, la difficile vita fuori dal suo sport (ma anche l'amicizia coi bambini). Lo squallore regna sovrano, tra incontri di wrestling in palestre scolastiche di periferia, sfide a chi si umilia di più (il duello con la sparapunti...) e serate in locali di terz'ordine. Toccante.
MEMORABILE: Il malinconico ingresso di 'The Ram' sulle note dei Guns'n'Roses: quello è il suo mondo!
Nulla di eccezionale ma tutto ciò per un verso o per l'altro si poteva intuire ancor prima della visione. Sì, perché il tanto pubblicizzato film di Aronofsky è un intrattenimento poco coinvolgente e dal ritmo soporifero. Non che da un film del genere ci si aspetti chissà quali scene d'azione ma sicuramente ambientare più di metà della pellicola in squallidi night club o dietro banconi di supermercati non giova al risultato finale dell'opera. Indubbia l'ottima prova di Mickey Rourke, inutile la Wood, sempre nuda Marisa Tomei. Ridateci Toro scatenato!
Il wrestling è uno "sport" assurdo in cui tutto è finto ma anche terribilmente vero. In queste mondo di contraddizioni Mickey Rourke indossa perfettamente i panni di Randy the Ram: tutto il film (regia, musiche, fotografia, atmosfere) sembra costruito attorno alla sua personalità di attore fuori dagli schemi, qui giustamente premiato con la nomination all'oscar (forse avrebbe meritato la vittoria, andata a S. Penn per Milk: lo stesso Penn sul palco ha sottolineato i meriti di Rourke).
Mi pare che il leone d'oro assegnato a questo film, nel 2008, a Venezia sia un pochino esagerato, perché siamo sul fronte del già visto in mille altre occasioni. Per carità, il film certamente non è brutto, ma la storia non riesce neppure per una frazione di secondo ad evitare gli stereotipi del genere. Quanti sono rimasti sorpresi da come finisce la vicenda? Credo proprio nessuno. Il personaggio della Tomei ha qualche aspetto originale? E la figlia? Dalla sua c'è un Mickey Rourke decisamente in parte che da solo vale il prezzo del biglietto.
Toccante apologo sull'incapacità di rifarsi una vita e di evolversi diventando qualcosa di diverso da ciò che si è stati. Caduta e tentata rivincita: Rourke non recita, "è" Randy the Ram... sin troppo facile, per lui, portare in scena questo relitto umano che gli somiglia così tanto. Aronofsky rinuncia alle pretese intellettualistiche e gira un film crudo, al limite del documentario. Godibile la colonna sonora eighties, bella la Tomei, passabile Evan Rachel Wood pallida e corvina.
MEMORABILE: L'ingresso sul ring con Sweet Child O' Mine.
Grande Mickey. Interpretazione magistrale: non sembrava recitazione, forse si è solo immedesimato così tanto nella parte ricordando la sua storia fino a qualche anno prima. Ottima colonna sonora, al di là della canzone di Springsteen ci sono 4-5 pezzi made in 80's che m'hanno fatto brillare gli occhi ("Round and round" dei Ratt su tutte). Alla fine c'è stata qualche lacrima. Per me il più bel film da 2-3 anni a questa parte.
È troppo, è poco, è troppo, è poco, ora va bene. Mickey Rourke con la cuffia in testa e i guanti di lattice è fantastico. Rourke, o the Ram, se preferite, è un buono, un buono non capito e che sarebbe da amare così come è e invece è odiato o frainteso proprio da quelli che pensano di essere loro i buoni e si arrogano l'egoista diritto di giudicare. Il film questo mostra e, anche se certe situazioni sembrano scontate (si possono fare in altro modo? Forse), tutto ciò che succede è la semplice realtà, ben descritta con la MDP e con la finzione.
Bello e molto toccante nella sua semplicità. Aronofsky ha dimostrato grande maturità scegliendo a questo giro una regia essenziale, quasi documentaristica e priva di fronzoli; scelta quantomai azzeccata. Rourke (qui immenso e non solo di stazza!) e la sensualissima Tomei, rendono perfettamente nei loro rispettivi ruoli di personaggi ai margini. Chissà che i due attori non si siano immedesimati così tanto perché a loro volta si sono realmente ritrovati in situazioni simili, nelle proprie carriere altalenanti... Grande esempio di cinema!
MEMORABILE: Gli incontri di wrestling, gli strip della Tomei, le citazioni musicali dello street rock fine anni '80 che mi hanno riportato indietro negli anni...
Commovente ritorno di Mickey Rourke fra i grandi del cinema americano in una storia che ricorda la sua discesa verso l'oblio della vita privata. Il regista confeziona un capolavoro assoluto, dove l'attore si identifica col personaggio fino a essere un tuttuno con lui. Buoni i combattimenti, perfetta la trama che vede il protagonista cercare di avere una vita "normale", con una donna che vorrebbe al suo fianco e una figlia da ritrovare (ma forse già persa per sempre da tempo). Bellissima la canzone di Springsteen. Imperdibile e unico.
MEMORABILE: Il monologo prima del combattimento nel finale.
Una sorta di moderno Rocky, ma il protagonista questa volta è una leggenda di uno pseudo-sport pagliaccesco, il wrestling. Ottima l'interpretazione di Mickey Rourke che si cuce addosso perfettamente il declino del wrestler agli sgoccioli di carriera e le difficoltà riscontrate nella vita di tutti i giorni da un uomo ormai triste e solo. Quasi autobiografico se si pensa alla vita dell'attore fatta di alti e bassi, di eccessi ma anche di rivincite. La sua rivincita più grande è proprio questo film, denso e carico di significativa amarezza.
Girato con mezzi modestissimi da un regista semi-esordiente. L'immedesimazione di Rourke con il protagonista rende il film un mezzo capolavoro. L'intensità con cui recita è davvero notevole (d'altra parte il ruolo sembra cucito sulla vita dell'attore). Per Rourke però è un deja-vu. Storia pressocchè identica al suo vecchio Homeboy. L'unica differenza è che in Homeboy recita la parte di un pugile che per problemi di salute non potrebbe più combattere. Ma la lotta è la sua unica ragione di vita. Anche in quel caso si parlò di film autobiografico.
Robert De Niro, per interpretare Toro scatenato, ingrassò per essere nella parte, qui Rourke si mostra per quello che è nella realtà, ed è questo che rende bellissimo il film. Mai noioso, ed il buonismo che c'è in alcune scene non infastidisce mai. Poi c'è la Tomei, che più procede negli anni più diventa brava.
La società è divisa in molte parti e se qualcuno si sgancia da un ridicolo meccanismo rimane schiacciato dal paradossale menefreghismo della collettività. Storia di un wrestler che, dopo tanti anni, decide di abbandonare il suo sport per problemi fisici e quando comincia a combattere contro la realtà quotidiana scopre un ring assai più deprimente e desolante. Ottimo Rourke, entrato bene nella parte. Ottima anche la prova del regista.
Film intenso e di vera drammaticità e commozione. Mickey Rourke ci mette anima e cuore per interpretare un ruolo che potrebbe considerarsi il suo alter-ego attuale; a riprova di ciò Wresteler risulta uno dei suoi migliori film recitati nell'ultimo decennio. Da non sottovalutare però anche il resto del cast e la regia calzante.
Sincero e intenso. Da un lato ci sono i retroscena del wrestling (gli amichevoli accordi tra i lottatori, trucchi e pasticche); dall’altra un’elegia del fallito che, pur devastato nel corpo e nell’animo, affronta le avversità di un mondo sempre più crudele e insensibile. Acciaccato, sentimentale e malinconico – nonché forte del suo passato di boxeur professionista – Rourke offre un’eccezionale prova d’immedesimazione e la Tomei, ad ogni film sempre più bella e brava, riveste di tenera umanità il fulgido corpo nudo della sua peritissima lap-dancer. Lo score glorifica l’heavy metal anni ’80.
MEMORABILE: La lotta in mezzo al filo spinato. La sfuriata al supermarket. La passeggiata con la figlia.
Aronofsky, già autore di un gioiello come Requiem for a dream, si conferma talento puro ancorchè poco prolifico. Ma si sa, meglio pochi ma buoni, e il regista punta decisamente sulla qualità. Riesce a tirar fuori da un Rourke dato per bollito da anni una memorabile e intensa interpretazione. Riesce a commuovere senza mettere sulla bilancia nemmeno un grammo di retorica, e fa assurgere la vicenda privata del logoro campione a dimensione universale. Bravo.
Un wrestler ormai in declino, per poter affrontare ancora gli incontri, è costretto ad assumere un arsenale di medicinali. Apologo della solitudine, di un mondo (finto e vero allo stesso tempo) e di una persona (mostruosa interpretazione di Rourke) che paga gli errori della sua vita. La carne sfasciata di Rourke è l'emblema, del deterioramento dei rapporti e della vita. Fa commuovere e riflettere, Questo è cinema!
Il riscatto di Mickey Rourke passa attraverso un personaggio muscoloso, capace di nascondere umanità e sentimenti, che al cinema non è nuovo (Rocky) ma che assicura sempre un certo valore emotivo. Ed è proprio tale valore ciò che rimane alla fine del film, che ha il pregio-difetto di non eccedere nei toni, cosa che da un lato sconfina nello schematismo ma dall'altro aiuta a mostrare meglio come i colpi inferti dalla vita possono essere più duri di quelli incassati sul ring. Vengono svelati trucchi e retroscena del wrestling, un falso sport. ***
Non si stacca mai la cinepresa dal wrestler attempato, relitto degli anni 80, che sfida la salute e i sentimenti per non sentirsi un perdente dell'esistenza. Lo segue sempre da vicino, scandagliando le sue sofferenze e i suoi timidi afflati d'affetto, ma incapace davvero di amare, lui che vive la finzione (da wrestler o commesso) e si innamora della finzione (la spogliarellista). Uno strepitoso Rourke per un grande film che sa dare scariche emotive ogni volta che l'omone forte e muscoloso è scosso dai fremiti del dolore vero, quello dell'anima.
Aronofsky in The Wrestler riduce l'ipertecnicalità delle scene viste in suoi passati film al minimo, dando a tutto un'impronta di cruda realtà che ben si sposa col martoriato personaggio interpretato da Rourke. La storia gira ma non sorprenderà nessuno, quello che conta lo fanno gli attori, il resto è un contorno abbastanza già visto. La Tomei splende, sia come attrice che come fisico, davvero in forma. Gran colonna sonora hair/heavy metal. Film toccante ma non tra i migliori di Darren.
MEMORABILE: La scena nel bar in cui la Tomei e Rourke cantano 'Round & Round' dei Ratt.
Film amaro al punto giusto. Rourke è perfetto nel ruolo dell'ex wrestler caduto in disgrazia che tenta (invano) di rifarsi una vita tra nuovi amori e una figlia da riconquistare. Moltissime scene realistiche al cento per cento, combattimenti nudi e crudi, così come i sentimenti di The Ram, vero antieroe destinato sempre a fallire. Aronofsky azzecca il film quasi perfetto e strappa applausi e un Leone d'oro, nonostante un epilogo eccessivamente drastico. Ottima e sexy la Tomei, come sempre.
MEMORABILE: Il combattimento con la pinzatrice. I topless di Marisa Tomei. La mano di Rourke affettata nell'affettatrice.
Film davvero emozionante. Aranofsky ci regala una perla rara, preziosa. L'opera fa riflettere sul senso della vita, delle relazioni umane, del rapporto con il passato. La prova di Rourke è una delle migliori degli ultimi tempi (anche se per Mickey non è stato troppo difficile...). Sono molte le scene da ricordare. Va assolutamente visto e rivisto. Tomei e Wood sono scelte azzeccate.
Secondo le tecniche del cinema-verità, aggiornate dagli esperimenti tv dei reality americani, una cinepresa sempre addosso all'Ariete-Rourke per un ritratto prevedibile ma forte su un "eroe" americano, girato con pochi guizzi ma indubbia capacità. Il punto forte del film è comunque l'interpretazione di un Rourke che più in "forma" non si può, un corpo, principalmente. Un corpo mastodontico e caracollante (come Stallone in Cop land) sul quale vengono inflitte ferite tremende illustrate sottotono, per contrasto.
MEMORABILE: The Ram al bancone macelleria: magistrale Rourke!
A me Rourke piaceva anche quando faceva Bullet o quando lo dirigeva Van Looy, ma qui è veramente grandioso: certo il personaggio, per alcuni aspetti lui stesso, lo aiuta, ma l'intensità della prestazione è comunque notevolissima. L'urlo della folla si attenua fino a sparire e cosa resta? Domanda sempre affascinante alla quale Aronofsky risponde a suo modo: storia semplice, ma non per questo meno d'impatto, diretta con piglio sicuro e scorsesiano nelle riprese sul ring ed addio alla supponenza dell'Albero e al pessimismo plastificato del Requiem. Gran film
The Wrestler racconta, in apparenza, il declino e la successiva rinascita di un uomo. In realtà The Ram (un Mickey Rourke calato perfettamente nel ruolo) rappresenta colui che fa di una passione il proprio credo, mettendosi in gioco totalmente, annientando la sua stessa vita. Una vita fatta di solitudine e di rimpianti verso il grande wrestler che era ma che non vuole vivere di quella rassegnazione che per altri è ineluttabile. Una colonna sonora da urlo fa da contorno al significato complessivo: non si sfugge alla propria passione. Toccante.
MEMORABILE: L'incontro tra i vecchi wrestler con i fan, il ballo con la figlia, il discorso di The Ram all'ultimo incontro.
The Ram, il montone, il grande Rourke dà spettacolo! Si respira per tutto il film un aria'malinconica di oppressione e scoraggiamento fino al ritrovato spirito guerriero che porterà alla rivincita finale. Vecchio, ma non decrepito, Ram incarna lo stereotipo dell'eroe in disgrazia di mezza età che dopo innumerevoli rifiuti cerca l'assoluzione immolandosi in un estremo atto di coraggio. Ho ancora nelle orecchie le grida: Ram, Ram, Ram...
MEMORABILE: L'ingresso di Ram all'ultimo incontro sulle note di "Sweet Child O' Mine" dei Guns'n'Roses.
Il film del sopravvalutato Aronofsky trova il suo surplus di valore nel rimando cinefilo peraltro lampante e più volte giustamente sottolineato. Il quadrato su cui The Ram/Rourke combatte è il grande schermo: l'unica realtà in grado di riscattarlo e non deluderlo. Tutto il resto: la famiglia (il rapporto con la figlia lesbo), il lavoro (esilaranti nel loro patetismo, ma cariche anche di tensione rappresa, le scene del supermarket), il riscatto amoroso (coraggiosa e bravissima Marisa Tomei) sono ineluttabilmente fuori fuoco.
Sarebbe stato difficile trovare un attore che non fosse Rourke per interpretare il fu Randy "The Ram". Il fu, perché quei meravigliosi anni '80 che tanto gli mancano sono passati, così come il suo successo di wrestler. Rourke, Randy, è messo a nudo da Aronofsky che con la mdp segue la triste vita del protagonista, nel suo dolore, ora emotivo, ora fisico. Una parabola di vita riconducibile in tutto e per tutto a Rourke, con il suo corpo distrutto che si erge quasi a protagonista del film.
MEMORABILE: La scena dietro al bancone; Il finale.
Un monumentale Rourke in una vicenda che sembra perfettamente incarnarsi in lui. Un wrestler famoso ormai al tramonto con grande voglia di riscattarsi nella vita che gli ha donato solo meschinità. Un affresco bel delineato in cui le scene di combattimento si alternano alla magra vita di tutti giorni del protagonista. Sempre affascinante la non più giovanissima Tomei.
Mickey Rourke versione Serena Grandi alle prese con un altro dei suoi amati personaggi maledetti, ma questa volta post-plastica facciale e "pompaggi" fisici. Il risultato rende la storia e il mondo dei wrestler ancora più realistici e con toni altamente drammatici. Un pezzo della colonna sonora è stato scritto appositamente da Bruce Springsteen, amico di Rourke. Convincente.
Ecco una versione di Rocky dove il protagonista non risale la china ma sprofonda sempre più giù. Mickey Rourke, un tempo un sex symbol, era caduto in disgrazia (accettando ruoli sbagliati e cercando di fare il pugile professionista), ma ha saputo riprendersi interpretando questo ruolo, che suscita un po' di tenerezza. Molto brave anche Marisa Tomei e Evan Rachel Wood, nei ruoli dell'amante-ballerina attempata e della figla lesbica. Tremende le scene al supermarket, più degli incontri comnbinati fra atleti. Si soffre e si tifa per lui.
Declino e risalita di The Ram, spinto da una passione totale (che rasenta l'autodistruzione) per il wrestling ma incapace di far quadrare il resto della propria vita. Rourke s'identifica perfettamente con il protagonista, visti anche i chiari paralleli con la propria carriera e la sua interpretazione è così intensa e convincente da far sfumare il confine fra realtà e finzione. Il punto debole sta proprio negli elementi secondari (come i problemi famigliari) che non sono altrettanto incisivi. Brava Marisa Tomei.
MEMORABILE: Il brano di Springsteen sui titoli di coda; Al supermercato.
Aronofsky offre a Rourke un personaggio di redenzione e l’attore non si fa sfuggire l’occasione. Interpretazione e trasformazione fisica ineccepibile aiutata da riprese incollate alla sua persona. Buono anche il riferimento alla vacuità degli anni ’80 e a chi ne è rimasto prigioniero, o con le ossa rotte. Nell’ultimo incontro si cade nel sentimentalismo ma è un peccato veniale. Ottima gregaria la Tomei. Doppiaggio mediocre.
MEMORABILE: Il gioco del Nintendo; Quando Ram lotta coi ragazzini; Il balletto al bar; Quando Ram passa dal corridoio per arrivare al bancone.
Questo film è Mickey Rourke. Grande interpretazione, gran personaggio. Il vero limite è che non si va molto oltre. La storia del pugile (pardon, qui si parla di wrestling) un po' suonato, con problemi familiari e di salute è un qualcosa di già visto e rivisto. Lodi dunque per un buon prodotto, una grande interpretazione, una ottima confezione (compreso l'uso sapiente delle musiche), ma non parlerei né di capolavoro né di grande novità cinematografica.
MEMORABILE: Rourke commesso al supermercato; Gli autografi delle vecchie glorie.
Ben girato, ottime musiche. Il film mostra uno spaccato molto amaro del mondo, solo apparentemente dorato, del wrestling. Rourke è bravissimo, nonostante sia ormai "macellato" dalla chirurgia plastica; è sfruttato quasi come un fenomeno da baraccone dal "manager" senza scrupoli di turno. Il suo personaggio emoziona.
Visto la prima volta non mi piacque granché (al massimo **!), forse perché non sono mai stato un grande fan di Rourke, o perché depresso da quel tono da "caduta degli dei" che aleggia profeticamente per tutto il film. Rivisto dopo anni l'ho rivalutato notevolmente e (dandomi dell'orbo) mi sono accorto del lussureggiante sottobosco di sentimenti, eccessi, paure, delusioni. Rourke giganteggia e io mi chiedo quanto di lui ci sia nel personaggio, al punto da pensare se la sua interpretazione non sia stata addirittura una totale trasposizione di sé.
MEMORABILE: La scena del supermercato dice tutto; La prova della Tomei: fantastica.
Durissima, quasi impossibile può essere la strada che porta alla redenzione. Arduo portare dentro di sé il sentore del fallimento in contrasto con i ricordi di una gloria mirabolante ma effimera. Rourke nel ruolo della vita, perché metafora della sua reale esistenza, relitto che vive una non vita ancora adorato da vecchi fan eppure ridotto a tirare a campare, ad accettare qualunque cosa pur di restare a galla. Impossibile da mandar giù la relazione inesistente con una figlia tanto amata. Non resta che una cosa da fare: restare sul ring fino alla fine.
Il tocco spiazzante di Aronofsky ci immerge in una storia di intima sofferenza ambientata nel mondo del wrestling con un film molto intenso e commovente sul tema del declino personale e dell'ineluttabilità della propria natura. La struggente storia dell'ex campione, incapace di evolvere e di emanciparsi dal passato e dal suo personaggio, risulta autentica grazie alla efficace tecnica delle riprese e alla strepitosa prova di Rourke, che di fatto interpreta se stesso. Notevole.
Mi ha toccato molto questo film, dove un bravo Mikckey Rourke sembra portare buona parte del suo vissuto in scena risultando particolarmente convincente e Aronofsky dimostra di essere un regista decisamente versatile, in questa produzione sensibile, ma più convenzionale, rispetto ai suoi precedenti lavori (personalmente, per fortuna). E' commovente Ram (senza essere mai patetico), un gigante buono e un po' dannato, dal volto artefatto e tumefatto, che cerca una rivincita e non riesce a distaccarsi da un passato glorioso. Finale struggente.
Rourke come non lo si era mai visto: malinconico e aggressivo nei panni di un ex star del wrestling solitaria e afflitta dal dolore. Aronofsky non poteva dirigere meglio questa storia di vita quotidiana che mantiene del suo cinema quei tratti angosciosi e tetri riferibili all'animo umano. La sceneggiatura è lineare, con un finale davvero azzeccato, così come buone sono le scenografie e la messa in scena degli incontri. Il protagonista è affiancato da una seducente Tomei e da una giovane Rachel Wood; insomma, un film che non può mancare.
L'aspetto più impressionante dell'ultimo, grande dramma aronofskyiano è l'assoluta e finanche inquietante verosimiglianza del soggetto con la realtà: impossibile non rivedere, in The Ram-Rourke, tutti gli eroi del wrestling statunitense degli anni '80, morti prematuramente per abusi o confinati ai limiti della vita sociale, prigionieri di un corpo in decadenza che tradisce inesorabilmente il personaggio. Ottimo nella ricostruzione delle dinamiche del ring, persino superiore nell'analisi del dolorosissimo privato. Il finale si scrive da solo.
Struggente storia di un perdente il quale, per rimanere aggrappato alla vita in qualche modo, non può fare a meno di ciò per cui ha sempre vissuto, il ring. Mickey Rourke si dimostra essere il perfetto protagonista per una storia simile. Il film è praticamente tutto sulle sue spalle, pur essendo l'attore affiancato da un'altrettanto valida Marisa Tomei in un ruolo analogo al suo. Finalmente un film in cui poter apprezzare le doti del protagonista.
La parabola discendente di un lottatore in avanti con l’età e in declino viene raccontata meravigliosamente da Aronofsky che sceglie uno stile narrativo asciutto e semplice, evitando pomposità di sorta. Una scelta simile aiuta a percepire nella sua interezza il dramma di chi, tirando le fila di una vita, sente che non tutto è andato per il verso giusto. Eccezionale Rourke, in grado di conferire uno spessore non indifferente al personaggio. Intenso e coinvolgente fino all’epilogo che sugella un film che merita sicuramente di essere visto e apprezzato.
MEMORABILE: La sessione di autografi con le vecchie glorie; Il finale.
Più volte il cinema ha proposto la parabola di un ex campione di boxe incapace di rifarsi una vita fuori dal ring. La particolarità di questo film consiste nell'aver affrontato il colorito mondo del wrestling adottando lo stesso sguardo partecipe spesso malinconico generalmente riservato alla "nobile arte", con il decisivo valore aggiunto di una perfetta immedesmazione tra personaggio ed attore: Rourke, fisicico appesantico e volto devastato, offre la migliore interpretazione in carriera. Molto brave anche la vibrante Wood e la sensualissima Tomei, epilogo struggente,
Di bei drammi sportivi è pieno il cinema, tuttavia la tragedia aronofskiana è un vero salasso emotivo, che non si limita a trasfondere nei cuori del pubblico assaggi di pura malinconia, ma insinua sottopelle un'ansia serpeggiante nell'attesa di un nuovo colpo diretto alla bocca dello stomaco. Il neoflagellante Mickey Rourke, la cui nomination agli Oscar è stata più che meritata, si divide fra un corpo martoriato (o persino "cristizzato") e uno spirito perso nel rimpianto dei giorni di gloria e nei rimorsi degli affetti trascurati, i cui tentativi di riscatto si avviano al fallimento.
MEMORABILE: Il duro e sanguinolento incontro a base di spillatrici e filo spinato; Perdendo le staffe (e un dito) al banco alimentari del supermercato; Il finale.
Non sempre nel cinema, anche d'autore, vengono assegnati ruoli drammatici ad attori che nella loro stessa vita reale hanno provato gli stessi disagi del personaggio che interpretano. Questo film è una meravigliosa eccezione. Mickey Rourke è letteralmente il lottatore decaduto che vive delle glorie di un passato e di un'epoca ormai morti. Su un'impostazione completamente pessimistica, lo spettatore si prepari a veri pugni nello stomaco emotivi che surclassano di gran lunga la violenza gratuita e coreografata dei match. Premiato solo a Venezia e non - vergognosamente - agli Oscar.
MEMORABILE: Il terribile sfogo della figlia di Robin sul povero wrestler, reo di averla nuovamente delusa: una tortura psicologica peggiore dei match.
Una regia perfetta e un protagonista, Rourke, a dir poco perfetto nel ruolo di un wrestler ormai caduto in miseria. Una parabola discendente senza riscatto. Scordatevi le rivincite verso la vita di Rocky, qui si perde sempre, come spesso capita nella vita reale. Marisa Tomei è un alter ego femminile del protagonista, una ragazza di uno strip club di quint'ordine che come lui usa il corpo e viene acclamata dal pubblico. Entrambi non hanno alternative. Bello il ritratto di un'America di periferia, con una fotografia autunnale. Finale con canzone di Springsteen, perfetta per Rourke.
MEMORABILE: Il protagonista osserva a un meet & greet i suoi colleghi che come lui sono caduti in disgrazia; La scena metaforica del videogioco con il ragazzino.
Spietato ritratto di un perdente "di successo" in cui Rourke probabilmente ci fornisce la performance attoriale di una vita. Ci mette tutto se stesso, il suo volto sfatto e il suo corpo non da meno vengono praticamente "analizzati" dalla MDP, che non ci risparmia nulla, tra ring, sangue, sesso, droga e locali di perdizione. Telecamera a spalla forse un po' abusata, ma il film, pur imperfetto, funziona. Bene il cast femminile. Wrestling di federazioni indipendenti ottimamente coreografato, oltre che ben eviscerato nei retroscena dello sport-spettacolo. Finale toccante e memorabile.
MEMORABILE: Sesso nel bagno pubblico; Il finale.
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Non vedo l'ora di vedere questo film, essendo un grande fan di Rourke (come Lele che lo ha commentato) non posso che essere ancora più in febbrile attesa dopo aver letto questo commento!!!
Miglior attore protagonista (Mickey Rourke che secondo le quote degli scommettitori avrebbe praticamente già vinto)
Miglior attrice non protagonista (Marisa Tomei)
Volevo solo spendere due parole in più sulla prova di Rourke che è semplicemente splendida.
Dispiace che un festival prestigioso come quello
di Venezia abbia un regolamento così cretino che, per chi non lo sapesse, impedisce allo stesso film di vincere più di un premio di grande importanza. Trovo la cosa priva di logica e artisticamente immorale. Per questo motivo, avendo deciso la giuria che il film doveva vincere il Leone d'oro non è stato possibile premiare Rourke poichè altrimenti non sarebbe stato possibile dargli il massimo riconoscimento. Nulla contro Silvio Orlando ma i premi vanno vinti per meriti propri e non perchè un regolamento...Solo in Italia possono succedere cose del genere.
Detto questo consiglio ai fan di Rourke, che non l'abbiano ancora fatto, di vedere questo film poichè la sua prestazione merita davvero (e lo dice uno che fan di Rourke non lo è mai stato per niente).
Mi associo a Cotola in tutto. Che regolamento stupido. Veramente notevole la prova di Rourke. La scena in cui piange in compagnia della figlia è di un realismo impressionante, così come tutte le scene "casalinghe". Speriamo che ci sia un ritorno di quest'attore, un po' come accadde per Travolta dopo "Pulp Fiction" (con le dovute proporzioni, s'intende)...
Tra parentesi, tra le sue rare prove "recenti" segnalerei "La Vendetta Di Carter", film passato (giustamente) inosservato, ma che merita la visione solo per i pochi minuti in cui compare Rourke, assolutamente notevole.
Devo dire che ho sempre considerato Rourke un attore assolutamente nella media con alcune eccezioni, L'anno del dragone (dove è stato splendidamente diretto da Cimino) e questo The Wrestler dove fornisce una prova decisamente ottima. Diciamo che il fascino del personaggio è a mio parere spesso più legato alla sua fama di artista "maledetto"
DiscussioneZender • 9/04/09 11:46 Capo scrivano - 48337 interventi
A me piacque soprattutto in ANGEL HEART, il buon Rourke. Naturalmente anche in Wrestler, pur se la prestazione gli è venuta più "naturalmente" e senza - credo - eccessivi sforzi. Non credo possa essere rilanciato come il Travolta di Pulp Fiction, dove il buon John si trovava coprotagonista di un film epocale e di svolta in cui aveva anche buona parte nei meriti per la sua prestazione assolutamente brillante. Il film di Aronofsky è meno rivoluzionario e l'interpretazione di Rourke meno replicabile.
Zender ebbe a dire: A me piacque soprattutto in ANGEL HEART, il buon Rourke.
Su Rourke siamo in sintonia assoluta ;)
CuriositàBrainiac • 16/08/09 12:31 Call center Davinotti - 1464 interventi
queste le dichiarazioni del buon Aronofsky sul suo celebrato attore protagonista:
"A posteriori la scelta di Rourke sembra ovvia,ma il suo è stato un ruolo veramente duro da scegliere.
Bisognava considerare anche l'aspetto emotivo del personaggio,però Mickey ha lavorato sodo e ci ha sorpreso.
Quando fai un film e arriva la spogliarellista c'è il rischio di cadere nel clichè.
Ma ci sono molte similitudini fra lei ed il lottatore.
Entrambi sono sul palco,acclamati dal pubblico,e utilizzano il loro corpo".
Fonte:Nocturno,Agosto 2009.
HomevideoGestarsh99 • 18/11/11 23:34 Vice capo scrivano - 21546 interventi
Disponibile in edizione Blu-Ray Disc per Lucky Red/Medusa:
DATI TECNICI
* Formato video 2,35:1 Anamorfico 1080p
* Formato audio 5.1 Dolby Digital: Italiano Inglese
5.1 DTS HD: Italiano
* Sottotitoli Italiano Italiano NU
* Extra Dentro il ring - Making of
Intervista a Mickey Rourke
Il Leone d'Oro a Venezia
La tavola rotonda: I protagonisti del wrestling
Trailer