Luigi Pavese, per stringere un accordo societario col ricco Aldo Fabrizi (inguaribile nostalgico fascista e malato di cuore), lo invita nel suo castello dove però già accadono fatti strani e misteriose apparizioni. Tra quelle vere c'è il fantasma di un vecchio barone (Raimondo Vianello), tra quelle false il fantasma creato da Ciccio Ingrassia che, con l'immancabile Franco Franchi e sotto il comando di Ubaldo Lay, gestisce una zecca clandestina. Oltre a tutto ciò vengono ad aggiungersi le storie dei figli (invitati anch'essi al castello) e della infermiera Italia, in realtà una poco di buono in combutta con Ubaldo Lay. Insomma, un soggetto intricatissimo...Leggi tutto che però da solo non riesce a salvare le lacune della sceneggiatura. Se infatti simpatici risultano essere i continui battibecchi Tra Fabrizi e Pavese (ancora meglio sarebbero stati se al posto di Pavese ci fosse stato un Totò) e gli interventi di Franco e Ciccio, allora in piena ascesa, assolutamente sprecata è invece la presenza di Vianello, alle prese con un personaggio sciocco che ricicla le più viete gag sui fantasmi. In definitiva un film che risulterebbe pure piacevole, se non fosse per il forzato inserimento di sequenze inutili che non fanno altro che appesantire il ritmo distogliendoci dai veri protagonisti, Fabrizi e Pavese. Franco e Ciccio, ufficialmente i maggiordomi del castello, ci deliziano con continui travestimenti: da fantasmi con lenzuolo ad apprendisti balilla, da falsari in tenuta da Kriminal (tuta nera con scheletro disegnato sopra) autori di una divertente "danza macabra" a orride donzelle superossigenate.
Assoluta sciocchezzuola, che si riesce a guardare, un po’ a stento, solo perché Aldo Fabrizi riesce a essere grandissimo pure qui. Luigi Pavese gli fa da discreta spalla. Franchi e Ingrassia non fanno manco sorridere, colpisce lo spettrale (e malandrino) maggiordomo di Ubaldo Lay, Raimondo Vianello fa il fantasma. Gli altri si dimenticano subito e ci si sente pure meglio. Decisamente insufficiente.
A me non dispiace: Il film di Simonelli è curioso ed insolito, garbato e signorile con una certo estro segreto e malandrino che serpeggia sottotraccia. I battibecchi tra il nostalgico Fabrizi e il democratico Pavese sono il sale della rappresentazione ma anche la sottile furbizia con cui sono disegnati i vari personaggi danno un tocco di vivacità al quadro drammatico. Però il film manca di assemblaggio e di ritmo e mette troppa carne al fuoco. Spesso si siede; qualche personaggio in meno e un minutaggio sfoltito avrebbe giovato alla sua scioltezza.
Abbastanza insipido. Simpatici i duetti Fabrizi/Pavese, ma alla fine sulla "nostalgia" del primo si poteva calcare la mano di più ricavando sicuramente qualche altro momento divertente. Franco e Ciccio irrompono varie volte nel film esibendosi in gag fisiche che alla lunga stancano (si tratta comunque di comparsate). Inutili le storielle d'amore di contorno che tolgono ossigeno a un film già non vivacissimo. Perlomeno le scenografie sono abbastanza curate. Il tema dei fantasmi allora era di moda, ma in sceneggiatura non ci si è sforzati.
Reperto archeologico del nostro cinema comico (minore) di inizio anni '60, una sorta di scacciapensieri di un'Italia che ancora poteva godersi una certa trance e stato di incoscienza da boom economico. Da lì a pochi anni cambieranno molte cose... L'ho guardato con curiosità; non è niente di che ma qualche sorriso lo strappa. Ci sono: Fabrizi, in forma e in un ruolo simpatico; Vianello caustico fantasma e la coppia Franchi/Ingrassia usati, pressappoco come mere marionette.
Ventennio Fascista. Per salvarsi da un fallimento un industriale sul lastrico cerca di impietosire un ricco appassionato di castelli a diventare socio. Per compiacerlo lo invita in un antico maniero... Giorgio Simonelli ha per le mani una ricca sceneggiatura che poteva dar adito e ben diversi risultati. Al di là della risata mancata (Franco e Ciccio, allora stelle nascenti, non riescono a strappare un ghigno nemmeno per sbaglio), si ha l'impressione di un film solo parzialmente riuscito. Aldo Fabrizi in ogni caso è un valore aggiunto.
Il nutrito e prestigioso cast farebbe presupporre una valanga di risate e situazioni divertenti che arrivano però annacquate da una sceneggiatura insulsa, che si limita a riciclare battute obsolete e gag già stantie ai tempi dell'avanspettacolo. Salvano parzialmente la baracca alcuni protagonisti (Fabrizi, Pavese, Lay) mentre altri sono fuori ruolo (Franchi ed Ingrassia) e altri ancora poco coinvolti (Vianello, Monlaur). Film invecchiato male, ma forse già vecchio quando uscì al cinema. I non completisti possono tranquillamente passare oltre. Due pallini scarsi.
Gran parte della storia gravita attorno a Fabrizi e Pavese, mentre il resto vuole essere un contorno di arricchimento in cui trovano spazio, tra gli altri, Vianello e la coppia Franchi e Ingrassia. Pecca di un’ingenuità eccessiva e in alcuni momenti pretende di far ridere con idee piuttosto banali. Tuttavia non è inguardabile e, malgrado gli anni si facciano sentire, qualche timido sorriso lo strappa. I riferimenti al fascismo sono innocui e per niente maliziosi, da qualsiasi punto la si guardi. Una delle tante commedie da vedere a tempo perso.
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