Un film insolito ma non troppo, nella carriera di Totò. Non è la prima volta infatti che ne saggiamo le qualità drammatiche, visto che fin dai tempi di YVONNE LA NUIT, di tanto in tanto, il grande attore napoletano si concede qualche passaggio nel cinema meno “leggero”. Così ecco la figura di questo generale in pensione, ben diverso da quello borioso e sbraitante che avevamo visto in TOTO’ DIABOLICUS. Qui Totò tocca corde malinconiche, molto più umane, offerte dal copione di Rodolfo Sonego (in futuro sceneggiatore di fiducia per Alberto Sordi). Il generale Antonio Cavalli...Leggi tutto è uomo inserito in un tessuto sociale ben preciso e per questo il film di Paolo Heusch (più noto per le sue pionieristiche incursioni nella fantascienza) appare più "moderno" di quelli a cui ci aveva abituati Totò. Il quale rinuncia completamente alla sua spavalderia, ai suoi giochi di parole, alle gag che l'hanno reso famoso per concentrarsi unicamente nella resa di un personaggio triste, che vive la terza età senza stimoli, inizialmente incapace di adattarsi alla nuova realtà pensionistica (un'idea simile verrà ripresa da Villaggio e Parenti in FANTOZZI VA IN PENSIONE). Il film migliora molto quando affiora il confronto tra la mentalità quadrata, rigorosa del generale e quella sbarazzina, molto meno "limpida", del suo nuovo datore di lavoro Franco Fabrizi (sempre molto bravo, in parti così). La mano di Sonego è evidente, la regia di Heusch no. E infatti il film tende ad avere un ritmo sonnacchioso, che appesantisce l'impatto della sceneggiatura. Totò, in ogni caso, è ancora una volta perfetto, a testimonianza di un attore a tutto tondo che, con registi e copioni adeguati, avrebbe potuto sfondare anche nel cinema più impegnato.
Pellicola malinconica, dove Totò (il generale Cavalli), dopo essere andato in pensione, finisce nelle mani di un immobiliare truffaldino. Il film non ha sprint e il copione è piuttosto povero di battute. Ma la cosa che più colpisce è vedere Totò raggirato e usato come un pupazzo (trattamento che di solito è lui a riservare agli altri). E nell'unico momento in cui potrà alzare la cresta davanti alla moglie ("C'è chi scende e chi sale. Io salgo"), arriverà puntuale la batosta. Non ci siamo. Questo personaggio era poco adatto a lui, anche se la sua bravura non si discute.
MEMORABILE: Il generale (Totò) viene mandato a comprare le sigarette, con e senza filtro. Arrivato al negozio, non ricorda la marca e compra mezzo chilo di sale.
È un Totò malinconico, triste, molto lontano da quello che siamo abituati a vedere. In un connubio riuscito di commedia e dramma, il regista Heusch vuole mostrare l'altra faccia del grande comico napoletano, quella drammatica. E a parte qualche tempo morto di troppo, l'operazione si può dire riuscita. Ottimo anche il resto del cast con il maneggione Fabrizi su tutti. Da riscoprire.
Il colonnello Antonio, ottenuta la promozione a generale insieme alla messa a riposo, non sa rassegnarsi alla vita da pensionato e tormenta la moglie con la propria insoddisfazione, fino a spingerla ad architettare un affettuoso inganno... Una delle interpretazioni più "serie" di Totò, sia per i temi trattati che per il tono malinconico, con punte di amarezza inconsuete per una commedia di questo tipo, prevalenti sulle occasioni di sorriso legate soprattutto all'ingenuo egocentrismo del protagonista, che si ritrova "nudo" una volta spogliato della divisa con cui si è identificato per decenni.
Un Totò anomalo (e notevole) ci accompagna malinconicamente nel tema della terza età, o meglio nelle tristi more della pensione in cui un ex generale si sente ormai inutile. Il tono complessivo da commedia non evita l'amarezza e apre a un altro tema importante, cioè la trasformazione sociale dei primi Anni Sessanta, a sottolineare ulteriormente il senso di distacco e disagio dell'anziano militare: altri modi di vivere e soprattutto la spregiudicatezza di due palazzinari da boom. Avrebbe potuto diventare un grande film, ma anche così lascia il segno.
Che bel film! Qui Totò raggiunge il vertice assoluto: non è mai comico e il suo personaggio è molto legato grazie a Rodolfo Sonego alla commedia all'italiana vera e propria che spopolava negli anni 60. Avrei preferito in regia un Risi o un Comencini, c'era molto da ottenere da un personaggio come questo, scritto in stato di grazia da Sonego e interpretato magistalmente da Totò. L'insuccesso del film è dovuto proprio alla regia, non particolarmente adatta ad un film ambizioso come questo, che doveva rivelare un Totò tragico.
Uso a comandare in caserma, una volta in pensione si sente perduto: si alza all’alba senza uno scopo, tenta la via del memoriale di guerra ma chi glielo pubblica? A contatto con un mondo che non conosce è il Totò attore più vero, lontano da frizzi e lazzi e costretto solo a scontare una sceneggiatura troppo debole per la forza del suo personaggio. Colpisce e intenerisce, porta a riflettere sulla terza età ma in fin dei conti ti saluta lasciandoti non molto più che la profondità di quel suo sguardo così umano e comunicativo che forse sì, da solo bastava a spiegare il comandante.
MEMORABILE: Prima del congedo fuori di casa: il mezzo del lavaggio strade lo evita e spegne il getto. Dopo: lavato...
Bisogna capirsi: il film ha una sua commossa dignità; la sceneggiatura di Sonego, attenta alla psicologia dei personaggi e al realismo della cornice ambientale, è ben congegnata grazie al canone estetico zavattiniano del pedinamento del personaggio; il Generale Cavalli, dopo la sua collocazione a riposo, ha una profondità pirandelliana, non é più nessuno ma solo un'anima pietosa, isolata e abbandonata da tutti, la regia di Huesch è lucida e razionale, ma cosa c'entra questa storia, questo personaggio della "Roma bene" con la maschera "astorica" di Totò?
MEMORABILE: La scena di Villa Borghese, quando il Generale in pensione fa il saluto militare a due marinai e questi lo prendono per matto...
In questo film colpisce (e a tratti disorienta) la maschera di Totò che, spogliata di qualsiasi fine comico, appare drammatica, perfino tetra. La sceneggiatura è interessante, con il protagonista che da una posizione di comando deve affrontare le alterne vicissitudini di pensionato inutile e manipolato. Forse con una regia più sicura, affidata a qualche altro nome, si sarebbe evitata una certa senzazione di lentezza.
Nonostante al cinema questo film non abbia avuto successo, troviamo invece un Totò insolitamente amaro e a tratti divertente in una commedia dai toni ora tristi ora allegri. Brava Andreina Pagnani nei panni di sua moglie. Qualche momento di debolezza affiora, ma ci troviamo davanti a un interessante film sicuramente da rivalutare.
Il tema del film, cioè quello dell'uomo arrivato alla pensione dopo aver occupato un posto di comando, è stato trattato nel cinema sempre con difficoltà in quanto la gente non ama essere troppo rattristata al cinema, vedi il film Umberto D. Qui Totò cerca di addolcire il tema con la sua comicità e in parte ci riesce, tuttavia il Totò alto borghese piace di meno per cui dopo questo film dovrà ritornare alla sua macchietta con il frac e i lacci delle scarpe come cravattino a fare delle gag con Mina alla televisione e nella serie tv TuttoTotò.
MEMORABILE: "Mio figlio il bello dove sta? Eccolo qua, si sta pettinando!" (Totò critica il figlio che pensa a sistemarsi i capelli durante l'incendio della casa).
Un grande Totò affronta il tema della vecchiaia. Film che mescola trovate umoristiche a trovate malinconiche, che talora si fondono (si pensi alla scena del treno che cambia binario). Film gradevole, che purtroppo sconta alcune lungaggini, specialmente nella parte finale, che allungano il brodo. Cast disuguale: perfetti i grandi nomi, dimenticabili gli altri.
Mi è sembrato molto adatto Totò come protagonista in questo film: non esaltante, ma ritrae certi aspetti umani e sociali (militari compresi) in modo caustico e piuttosto realistico. La distanza che c'è tra la vita di caserma e la società civile è evidenziata al massimo da un Totò (generale in pensione) bravissimo a risultare, oltre che patetico, cieco e ingrato verso tutti, con un ego smisurato che lo pone ridicolamente al di sopra di tutto. Buona l'idea di farlo scontrare con il mondo dei palazzinari avventurieri della Roma di allora.
Totò è sempre Totò, molto più eclettico di quanto la sua carriera non dica, incredibilmente naturale: non fa eccezione uno dei pochi ruoli drammatici interpretati insieme a Uccellacci e uccellini. Il film però è un po' sommesso, sceneggiatura passabile ma di approfondimenti sui personaggi pochi. Ottimo, ma senza la grande perfomance del De Curtis non so quanto avrebbe colto nel segno.
Uno dei pochi film che annovera un Totò quasi completamente serio (d'altro canto è il personaggio che lo richiede) e spogliato del suo essere dispensatore di battute e cattiverie. ci si avvicina un poco a Umberto D., se non altro come tematica. C'è ben poco della commedia, anche se ci si sforza di mantenere un tono leggero. Merita sicuramente di essere visto e rivalutato, visto che all'epoca non ebbe un grande successo. Forse uno dei migliori dell'attore napoletano. Da ricordare un luciferino Fabrizi.
Un Totò misurato nelle movenze e umano negli sguardi domina una malinconica commedia sul tema della vecchiaia. Bellissimo il personaggio principale (un generale che non vuole arrendersi all’incombere della terza età), credibile e ricco di dettagli di indubbia finezza, mentre la regia riesce, senza inutili cadute nel dramma, a far trasparire tramite brillanti trovate tutta la sua solitudine e la sua voglia di rivalsa. Peccato per il ridondante e poco credibile segmento aziendale, ma il film non si dimentica.
Al crepuscolo della sua carriera Totò ricorda a tutti le sue doti di attore drammatico interpretando un generale incapace di accettare il pensionamento. L'interpretazione è ottima e riesce a evidenziare ogni sfumatura del personaggio: la presunzione e la saccenteria di un militare ormai fuori dal tempo e le problematiche di una persona anziana. Anche il soggetto di Sonego non è male, per quanto Heusch lo allunghi qualche minuto di troppo. Tra i comprimari va ricordato Franco Fabrizi, convincente nei panni di un furbetto di quartiere.
Tra i film del Principe meno comici uno dei migliori. La sceneggiatura di Sonego permette a Totò di mostrare appieno le sue doti di attore a tutto tondo: misurato, naturale, realistico e quasi commovente nella sua continua ricerca del rendersi utile post-pensione. La regia di Heusch è corretta quanto basta per esaltare le situazioni, non tutte indovinate ma che il protagonista tiene immancabilmente in piedi, affiancato pure da validi comprimari come la Pagnani e Fabrizi. Notevole, poco conosciuto ma da riscoprire.
Totò dimostra ancora una volta come fosse in grado di toccare efficacemente anche note drammatiche. Il generale interpretato dal grande attore napoletano incarna l'amarezza e la delusione di chi, arrivato alla vecchiaia, viene improvvisamente messo da parte e trattato con sufficienza, talvolta anche con cinismo e cattiveria, quasi condannato a vivere gli ultimi anni dell'esistenza nell'ozio forzato, se non addirittura come un fardello da sopportare. Il finale deludente impedisce all'opera il definitivo salto di qualità.
MEMORABILE: Il generale, a disagio tra gli ospiti della moglie, accende la radio; L'incendio del condominio; La vergogna nello scoprire chi paga il suo stipendio.
Malinconico, spiazzante ritratto di un anziano che non accetta il neopensionamento e si sentirà crollare il mondo addosso quando scoprirà l'inganno organizzato dalla moglie (entrambe le idee verranno riproposte da Neri Parenti in Fantozzi va in pensione). Ennesima prova di grandezza artistica per un Totò qui in un ruolo interamente drammatico: scopo del film è infatti far riflettere più che far ridere, e il regista riesce pienamente nel suo intento. Finale amaro.
MEMORABILE: Il tentato suicidio.
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Nella scena dove il Gen. Cavalli ( Totò) e la segretaria ( Britt Eklund) vanno in pausa pranzo al self-service si sente la musica che è stata negli anni 70 la sigla della Domenica Sportiva.
Il film venne propagandato all'epoca comeil centesimo girato da Totò nonché il suo primo film interamente drammatico. In effetti, entrambe le cose non erano vere: è risapunto che Totò abbia girato complessivamente 97 film alla sua morte; per quanto riguarda, invece, il genere, indubbiamente era interamente drammatico Yvonne La Nuitdel 1949 (ma forse non venne computato perchè il Principe non ne era pieno protagonista) così come erano molto distanti dal genere commedia/comicoUna di quelle del 1953 e Dov'è la liberta...?del 1954.