Che film ci sono stasera in tv in prima serata? Ma non solo questa sera, anche la mattina o il pomeriggio, se capita una giornata di pausa. E i più nottambuli possono trovare anche i film che vanno in onda a tarda notte, i cosiddetti fuori orario. Cliccate sulle frecce per cercare tra i palinsesti passati e futuri oppure controllate direttamente tutta la settimana. Il numero del canale si trova tra parentesi dopo il suo nome. Se non c'è, cercatelo qui: numero canale. Cliccate sull'icona calendario a fianco della scheda per appuntare un promemoria su quel film in agenda. Se siete loggati potete cliccare anche sulla stella per contribuire alle segnalazioni. Come? Scopritelo
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Homesick: Se davvero l'ha diretto lui, Pastore verrà sempre ricordato come regista del cult Sette scialli di seta gialla; qui invece aderisce ai tòpoi della commedia alla siciliana - dalla vedova inconsolabile al padrino italo-americano - con una debole svolta avventurosa finale in quel di Marsiglia. La Lenzi ha modo di esibire più volte il prosperoso décolleté, mentre Cerusico e Urzì se la cavano con la consueta professionalità; tra i caratteristi si distingue Sorrentino nel suo breve siparietto di notaro arrapato e affetto da lombaggine.
MEMORABILE: Fangareggi postino che si annuncia a colpi di fucile; il discorso del sindaco mafioso (Ardia) sul cambio del segno zodiacale; dal notaro.
B. Legnani: Quasi tremendo. Si finisce perché Vianello e Chiari dànno, qua e là, un tono surreale alla flebile presa in giro delle rivoluzioni latino-americane che non fa mai ridere. Tognazzi ripete la gag dello stuzzicadenti. Una delle donne è la Keil, biondissima e trecciuta, assai prima di essere Amalasunta. I punti più bassi sono i “lacrimogeni” (sonatori di musiche tristi), l’orrendo "deus ex machina" delle pulci (il plotone d’esecuzione sbaglia la mira perché intento a grattarsi) e la marcia verso la capitale, la cui strada è asfaltata!
Noodles: Film interessante sulla mafia siciliana del periodo fascista e del suo rapporto con alcuni personaggi della politica. Un prefetto veramente duro cerca di salvare il salvabile ma, si sa, eravamo in Italia. Un bel film che si concentra sulla figura del prefetto Mori e ne sviscera tutte le emozioni e sensazioni, relegando gli altri a ruolo di comprimari (il fedele Satta Flores però supera tutti, mentre la popolana Cardinale annoia dopo pochi minuti). Oltre che per l'ottima fotografia, il film si segnala anche come quello in cui Giuliano Gemma dà forse la sua prova attoriale migliore.
Lucius: Un'opera che fa parte della storia del cinema internazionale, un'attrice che è un mito che qui interpreta il dolore di centinaia di donne abusate in un periodo storico delicato, un regista che va nel cuore dell'Italia e realizza un film indimenticabile ed esponenziale per il neorealismo italiano ambientandolo in location ideali ed adatte alla storia del film. Un classico per sempre.
Rocchiola: Tra i meriti di Siegel c’è anche quello di aver filmato l’uscita di scena del mitico John Wayne. In verità il film non era stato pensato per il Duca, che però, venuto a conoscenza del soggetto, decise di farne la sua ultima interpretazione. La presenza di Wayne, malato allo stadio terminale come nella vita reale, crea un commovente parallelismo metacinematico. Western crepuscolare che non rinnega il mito collocandolo però all’interno di una società in mutamento e superba riflessione sulla morte come l’atto più privato nella vita di un uomo.
MEMORABILE: Il protagonista che si reca verso il duello finale su di un rudimentale tram; L’iniziale omaggio a Wayne con spezzoni dai suoi celebri film con Hawks.
Galbo: La carriera di un promettente giocatore di football viene stroncata da una falsa accusa di stupro. Il film è la storia della sua rinascita umana e professionale. Pellicola biografica che racconta di una redenzione passata attraverso una disputa giudiziaria. Interessante per la vicenda, il film è appesantito da un atteggiamento moraleggiante che risulta fastidioso sopratutto nella parte centrale nella quale il protagonista viene quasi ammantato da un'aura mistica che lo fa sembrare un predestinato. Buona la prova del cast.
Capannelle: Non è male come idea e come realizzazione. La compagine di moschettieri appare affiatata, con un Favino che primeggia, almeno nella prima parte, col suo buffo accento francese e fare da guascone. Divertono gli approcci con gli altri tre e alcuni passaggi con la regina e il servo martirizzato a più riprese. Una volta che la vicenda si fa intricata e compaiono lotte e inseguimenti, l'ironia si stempera e si perdono punti. Questo però non guasta il senso dell'operazione parodia, condotta con un certo garbo e gradevole. Finale che poteva rimanere nel cassetto e che poco aggiunge.
Graf: Saltabeccando disinvoltamente tra l’epico, il mitologico, lo storico e il biblico, il regista Pietro Francisci, colui che rilanciò alla grande in Italia il genere peplum-sandalone, realizza uno di quei film di “rappresentazione fantascientifica del passato” che solo una facoltosa cultura visiva sincretica che attinge alle competenze greche, romane e giudaiche poteva consentire. Libertà d’invenzione e sciatteria produttiva, genialità artigianale e mediocrità registica la fanno da padrone, ma l’eccedenza irreale del film possiede un certo fascino.
MEMORABILE: Nel film sentir parlare di Gaza, territorio nel nostro tempo tristemente legato ad accadimenti bellici, fa una certa impressione.
Herrkinski: In sostanza è l'ennesima variante di Bonnie & Clyde in salsa blaxploitation e strutturata come un road-movie, reminescente di analoghi lavori 70s; la questione razziale e gli scontri tra afro-americani e polizia degli ultimi anni sono però centrali e attuali, offrendo una forte componente sociale e drammatica. La regista proviene dai videoclip ma inaspettatamente offre uno stile molto cinematografico, un widescreen che dà respiro alle splendide location di provincia Usa, ben fotografate. Cast all-black ben scelto, durata un pelo eccessiva.
Puppigallo: Gangster story qua e là scanzonata, con due protagonisti piuttosto azzeccati, anche se la parte del leone la fa Belmondo, in simbiosi col suo sigaro. Non ci sono scene che resteranno cinematograficamente nella storia e il ritmo è un po' altalenante, ma lo si segue senza particolari problemi, accettando il fatto che solo Belmondo e Delon avrebbero potuto resistere così tanto, pestando pericolosi piedi e arricchendosi (dei due, è comunque Delon quello che apprezza maggiormente le belle cose, basta guardare la villa). Nota di merito per la madre, che dipinge occhi di bambole. Non male, dopotutto.
MEMORABILE: Lo scontro al mattatoio; Lo scagnozzo Mario, che Belmondo manda allo sbaraglio (al porto); La "causa" della morte "Pare sia scivolato sul tagliacarte"
Ciavazzaro: Di questo film di chiara impronta televisiva salvo poche cose. Sabrina Ferilli innanzitutto, che in questo film recita sicuramente meglio che in molte altre occasioni e che mostra un'ottima presenza fisica. Il resto del cast al contrario non sembra proprio in palla. La storia poi non convince e ci offre un finale buonista assolutamente orrido e inaccettabile.
Rambo90: In chiusura di carriera, Manfredi dimostra ancora di essere un attore di gran classe. Peccato che il film abbia un'andatura sonnolenta, mal supportato da una sceneggiatura che alterna momenti interessanti ad altri troppo ingenui e dalla regia invecchiata di Magni. Se poi Fiorentini riesce a fare da degna spalla al protagonista, non si può dire lo stesso del resto del cast, francamente imbarazzante. Mediocre.
Homesick: Scritto da Di Leo e Caminito e diretto da un regista estraneo al genere, ripudia le abusate consuetudini del western leoniano per applicare allo schema de Il tesoro della Sierra Madre la lente della psicanalisi e persino dell’omosessualità, mantenendo i rapporti tra i quattro protagonisti sempre sul filo del sospetto, del rancore e della tensione. Magnifici e signorili Roland e Helfin; cereo, viscido e catatonico Kinski: il loro fluido mesmerizzante si trasmette anche a Hilton, bambinone succube e instabile in una delle sue migliori interpretazioni.
MEMORABILE: Lo scambio delle pistole per la reazione all’agguato.
Il ferrini: Ultimo lascito del compianto Torre, autore della serie Boris, dalla quale Bonito pesca molti caratteristi. I suoi dialoghi sono inconfondibili - emblematico lo scontro verbale fra la Cortellesi e sua madre - così come le soluzioni surreali: Beethoven al posto del pianto del bambino, il simbolico gettarsi dalla finestra, la fierezza di Mastandrea rappresentata dal costume da supereroe. Il film probabilmente difetta di organicità, ma la suddivisione in capitoli ne preannuncia l'intenzione. Si ride, e non è necessario essere genitori, basta essere figli.
Teddy : Qualcuno è a conoscenza, qualcuno è all’oscuro e qualcun altro attende di sapere ma, più di ogni altra cosa, qualcuno non è ciò che realmente sembra. Giallo piacevole e con un certo brio tutto macabro, vero incontro-scontro di intuizione tutto al femminile. Bravissime Margaret Rutherford e Flora Robson, che si dividono equamente il proscenio e gli immancabili colpi di scena.
Matalo!: John Ford, Wayne, la valle dei monumenti: qui immortalati a colori dal grande maestro, che influenzò Kurosawa e fu un'ossessione per il Germi primo periodo. Benedico i miei lunedì sera della giovinezza perché in prima serata davano questi classici che mi han formato nella passione e nel riuscire a vedere anche film vecchi. Questo terzo capitolo della saga delle giubbe blu contiene una dolce epica della cavalleria accentuata dalla senilità di Wayne (attore che funzionava solo o con Ford o con Hawks e basta).
Homesick: Quello di Mezzapesa è un esordio volenteroso ma sospeso e incolore, poiché mentre si impegna nella resa semidocumentaristica del mondo dei ragazzini alle prese con i problemi della vita, il crimine e i primi appetititi sessuali, non riesce a conferire progressione drammatica alla narrazione e le psicologie dei personaggi non attecchiscono. Rimane ad uno stadio di abbozzo anche l'enigmatica figura della Prandi, che pur vanta aria e sguardi fanciulleschi e insieme sensuali come una Valeria Golino o una Leonora Fani. Memorie felliniane nella scena della masturbazione collettiva.
MEMORABILE: L'immagine della Prandi appiccicata con il chewingum sul volto della Madonna.
Katullo: Un papà cronologicamente poco probabile si mette nei guai e, cosa peggiore, mette nei guai il figlioletto. Ma c'è un gioco sporco da risolvere, e i poliziotti ne fanno parte. Wow! L'ambientazione selvatica soccombe di fronte a un plot irrecuperabile in cui le presenze femminili sono tutte disgraziatamente combinate. Willis e il bambino si sfidano inoltre in una gara di imbarazzo con pochi precedenti, a cui si abbina un inspiegabile e terribile doppiaggio che completa un quadro già disastrato di suo. Definirlo action potrebbe fuorviare alimentando illusioni vanissime. Per carità.
Camibella: Tre padri iperprotettivi si alleano per distruggere la vita sentimentale borderline delle loro figlie unigenite, ma non tutto è come sembra. Commedia ricca di stereotipi che strappa appena qualche sorriso ma che scorre sul filo della banalità più assoluta e che arriva dove tutti si aspettano che arrivi. Peccato perché gli attori sono tutti bravi e famosi ma fanno quello che possono in una sceneggiatura che è l'elogio dell'ovvietà.
Daniela: Nell'Inghilterra degli anni '70, incontri del terzo tipo tra tre ragazzi appassionati di musica punk e alieni che, per esplorare la Terra, hanno assunto forme umane più o meno seducenti... Tratta da un racconto di fantascienza, una originale storia d'amore tra un umano e un'aliena, entrambi molto giovani e quindi portati a contestare le regole imposte dagli adulti dei rispettivi pianeti. Il risultato è un film coloratissimo e non privo di momenti visivamente d'impatto ma più strampalato che intrigante. Inoltre chi non ama il punk deve mettere in conto una certa sofferenza acustica.
Herrkinski: Commedia action tipica del periodo, sfrutta il successo di Gibson (con lo stesso look di Arma letale) e della Hawn, coppia che qui dimostra un certo affiatamento; la vicenda, coi protagonisti in fuga, è una classica sarabanda di situazioni avventurose su vari mezzi e nelle location più disparate, per arrivare a un buon finale allo zoo in cui i vari animali selvaggi diventano a loro volta parte dell'azione. Non manca la prevedibile parentesi sentimentale e gli spunti ironici sono parte integrante di ogni situazione; un mix che andava forte negli 80s, qui invecchiato piuttosto bene.
Capannelle: Uno dei film dove il pur bravo Parker ha valorizzato meno il materiale a disposizione. Può recriminare su una coppia di giornalisti non all'altezza, ma l'intreccio thriller necessitava di maggior mordente registico e, a tratti, di più sfumature narrative. Sfumature che una storia portata all'estremo nei suoi snodi chiave ammazza un po'. Un film comunque interessante, che qualche interrogativo lo pone, ma con potenzialità non sfruttate. E 10-15 minuti di troppo. Voto 2 e mezzo.
Supercruel: Mezzo voto in più per il finale che, in fondo, è la cosa migliore del film. Per il resto siamo alle solite: trama risibile che sfrutta l'idea del capostipite, caratterizzazioni superficiali ma anche una regia che è in grado di divertire, essere spettacolare dove serve (il ponte) e creare suspence con il "banale" (viti, bulloni, acqua sul pavimento, fili elettrici,...). La formula continua a piacermi anche se, a questo giro, il ritmo latita. Franchising finito? Vedremo. Tornasse Ellis un'altro lo vedo volentieri...
Gottardi: Killer di cattivi per conto del governo prossimo alla pensione scopre altarini di una organizzazione deviata e viene braccato. Grandi effetti speciali, splendide location ottimamente riprese e una scena d’azione (il duello in moto a Cartagena in Colombia) tra le più riuscite di sempre: come dire una bella copertina per avvolgere un prodotto in sé privo di grandi contenuti se non quello di intrattenere senza pensieri per un paio d’ore. Missione riuscita, ma Lee e Smith hanno saputo offrire di meglio, in passato.
Daniela: Venom nel 2018 aveva deluso nonostante le potenzialità di un personaggio sulla carta promettente come il simbionte alieno. Il sequel riesce nella difficile impresa di fare peggio: un cinecomic mal scritto, mal diretto, mediocre anche negli effetti speciali, con l'aggravante di una gestione ancora più confusa del racconto e della riproposizione massiccia di dialoghi conditi da un irritante spirito di patata. Nel cast, Hardy conferma lo stato confusionale mentre Harrelson si ricorda di essere un assassino nato ed innesta il pilota automatico. Solo per completisti.
Mr.chicago: Un Dennis Quaid un po' imbolsito interpreta con pochissima verve una storia (veramente accaduta) che poteva essere trasportata sullo schermo molto ma molto meglio. Un'occasione persa, in quanto il regista non lega bene il tutto disperdendo energie in futili personaggi di contorno, mentre una a tratti insopportabile Heather Graham dà, durante la pellicola, svariati colpi d'ascia ben mirati alla sceneggiatura, rendendo il tutto quasi ridicolo... Buoni solo, per chi ha saputo resistere, i titoli di coda!
Redeyes: Intrecci d'amore un po' scontati per trainare questa pellicola che comunque si salva sopratutto per l'estro dei suoi interpreti: su tutti la coppia Mannino/Brignano. Analizzando le singole coppie non si può restare soddisfatti da Memphis/Pession, piatta non tanto nello sviluppo scontato quanto nel ritmo, e Salemme/Stefanenko, che forse aveva bisogno di D'Aquino per frizzare, finendo invece per dire ben poco o tediare col "politically correct". Gassman e la Foglietta al contrario raggiungono la sufficienza. Per una serata tranquilla in tv e niente più.
MEMORABILE: Per quanto volgarotta, la scena di Ruffini e il condom dalla one night stand lady.
Pigro: Ladruncolo ma genio del pianoforte, dalla strada al successo: un soggetto non certo originale, che qui assorbe tutta la finzione e retorica possibile in una sceneggiatura superficiale che lo fa sembrare più una vecchia americanata che un film europeo contemporaneo. Insomma, prevedibilità totale del plot, assenza del benché minimo spunto moderno. Eppure la qualità cinematografica è buona, le scene sono così coinvolgenti e la musica classica irrompe in modo così potente, che alla fine la visione risulta anche piacevole. Ma senza troppe illusioni.
Pessoa: Film inconfutabilmente marcato Salemme non solo per il cast, dove ci sono tutti i fedelissimi, ma anche per una storia originale e priva di derive volgari, nonostante l'argomento fornisse diversi spunti in tal senso. Il risultato non è alla stessa altezza di altre prove dell'artista di Bacoli precipuamente a causa di una sceneggiatura non sufficientemente brillante, che spesso perde concretezza in divagazioni poco divertenti che finiscono per coinvolgere anche il cast, in cui brillano la grande Moretti e i soliti Buccirosso e Paone. Un plusvalore la bellissima ost di Pino Daniele.
Claudius: Commedia fantastica diretta a un pubblico adolescenziale che, comunque, si lascia guardare volentieri anche da un pubblico adulto. Sprazzi di poesia e tenerezza nel rapporto tra Kat e Casper e notevole la caratterizzazione dei tre zii fantasma. Nel cast da segnalare oltre a padre e figlia anche il grande Eric Idle. Lacrimuccia finale.
MEMORABILE: Molla, Ciccia e Puzza che frignano dicendo: Che pasta d'uomo, non posso più accopparlo..."
Schramm: Non si vorrebbe dirlo così, ma D.J. Caruso la tira fuori con le tenaglie: mai come in questo caso il captive (con home invasion a far reflusso cinefageo) sembra regalarsi all'asfissiante metafora del riscatto sociale del tossicodipendente attraverso la cattività cattocomunitaria: la strenua uscita da uno sgabuzzino entro il quale il coniuge spacciatore ti confina assieme a tre grammi di metanfetamina diventa figurina liebig dell'uscita dal vizio. La domanda è: c'è ritmo e tensione? Friccica ne abbiamo? Quel tanto che basta a far scivolare benino un tutto sponsorizzato dal crocefisso.
Furetto60: Thriller soft erotico che narra dell’attrazione tra due mirabili esemplari del rispettivo sesso, di cui lui appena sfornato dalla galera, lei noiosamente annoiata dalla vita di provincia e da un marito da barzelletta della Settimana enigmistica. Che ognuno si riveli peggio di quel che sembra è l’unico e piccolo pregio di una pellicola lenta e noiosa, carente anzitutto nel mantenere le promesse di pruderie.
Ultimo: Non c'è nulla da fare, Tarantino è un genio che può suscitare sensazioni diverse a seconda dei gusti. Qui si cimenta in un film diviso per capitoli ambientato nella seconda guerra mondiale, mischiando al suo interno il genere spaghetti western (specie all'inizio...) senza dimenticare una buona dose di violenza, vero marchio di fabbrica del regista. Ottima la prova del cast (Pitt e Walz su tutti...), eccellenti i dialoghi. Isolatevi per due ore e venti da quelli che furono i veri sviluppi della storia europea e godetevi lo spettacolo.
Stubby: Pellicola che ritengo piuttosto gradevole ma nulla di eccezionale comunque; forse il difetto più grosso è la sua sbrigatività nel senso che è troppo poco approfondita e soprattutto ha una durata davvero minima (siamo sotto all'ora e mezza). Ottimo Willis, cast di contorno anonimo.
Tomastich: Nella fantascienza "a buon mercato" si è visto assolutamente di peggio. Lisa Joy gioca la carta della "macchina dei ricordi" utilizzando il sottogenere del fanta-melò, forse per allargare la platea a un pubblico che spesso non ama la sci-fi. Resta il fatto che grazie ad ambientazioni tra distopia e futuro prossimo (l'acqua alta a Miami) e un solido Jackman, "Reminiscence" si lascia guardare con piacere.
Raremirko: Rivisto dopo nove anni in blu ray e in lingua originale, il film ha riconfermato tutto ciò che già mi colpì alla prima visione (della quale possiedo comunque un ricordo molto preciso): splendide immagini, grandi attori, perfetta ricostruzione scenografica e molto probabilmente la più efficace critica alla perdita di sensibilità (comunque anche non per forza riconducibile all'evento guerra) che il cinema abbia mai regalato. Tra i migliori film del maestro (con 2001); nel genere è l'apice, assieme a La sottile linea rossa e Apocalypse now.
MEMORABILE: La geometria delle immagini; La metamorfosi di D'Onofrio; Il tipo di musiche usate (che, come in [f=729]2001[/f], creano quasi un effetto di straniamento).
Daniela: Sorelle di madri diverse non hanno mai conosciuto il padre, ladro professionista; la sua presunta morte sarà l'occasione per una riunione di famiglia e la messa in atto di un "colpo grosso"... Ci sono molte commedie francesi che divertono con grazia e leggerezza: non è questo il caso. Il plot è banale, gli sviluppi prevedibili, le gag stucchevoli e quasi tutte giocate sui contrasti caratteriali fra le due sorelle (la disilvolta e la puritana). Reno si impegna al minimo ma risulta comunque più gradevole delle sue poco brillanti partner. Film scialbo, perdibile senza rimpianti.
Gugly: Film curioso che rimane impresso soprattutto per alcune gag surreali, come il figlio mostro e le orride zie. Per il resto si tratta di una commedia alla Salemme, ossia di derivazione teatrale diretta dall'autore contornato dagli amici di sempre più una guest star (in questo caso la Ferilli). Simpatico, ma non centra completamente il bersaglio.
Jcvd: Film da vedere, nonostante una eccessiva lentezza in alcune scene e soprattutto nonostante il classico finale amaro. Cast eccellente con McGregor e Brosnam all'altezza, così come è piacevole un pelato Belushi nei panni dell'editore. Un film che ti cattura minuto dopo minuto.
Jandileida: Quello che si può definire un film non banale su temi complessi come la sessualità, il limite tra piacere e "dovere" e l'erudizione per l'erudizione. Piace molto l'incipit e il modo in cui vengono ricordate le vicende di Joe: c'è tutto il talento di von Trier in regia, con una mdp finalmente non più tremolante. Sostenuta da un ritmo trascinante, la storia si dipana tra scoperta di se stessi, sesso che diventa automazione e intermezzi "didattici" affidati a Skarsgård. Insomma, per una volta il danese pare alzare lo sguardo dal proprio ombelico.
Rambo90: Una simpatica riduzione dalla Christie (anche se nel romanzo il protagonista è Poirot) con l'intreccio tutto sommato fedele anche se arricchito con eleganti tocchi di humor inglese. Proprio l'ironia a volte fa calare troppo la tensione, ma il finale è ugualmente sorprendente e brillante. La Rutherford è stata la miglior Miss Marple di sempre e qui è coadiuvata dall'ottimo e divertente Morley. Gradevole.
Cotola: Inevitabile seguito (visto il successo del prototipo) che cerca di ricalcare le orme del primo film (che peraltro non era nulla di eccezionale) senza ottenere grandi risultati. La spruzzata di "giallo" è solo un pretesto per mettere in scena le solite macchiette e luoghi comuni sulla napoletanità. Francamente modesto e fastidiosamente scontato e ansioso di piacere a tutti.
Undying: Commistione riuscita tra cinema d'evasione e cinema impegnato (anche se quest'ultimo elemento è, nell'opera di Fragasso, da intendersi in senso "trasversale" o, per meglio dire, evocato in senso "a latere"). Non v'è dubbio, comunque, che il bistrattato regista di una manciata di horror spesso snobbati (Non Aprite quella Porta 3, La Casa 5) dimostri spiccata predisposizione alle scene d'azione pur essendo alfine, Teste Rasate, pellicola che vorrebbe (senza averne possibilità "narrative") puntare alto sul discorso morale degli Skinhead.
Agitato.
MEMORABILE: La scena di (involontaria) seduzione della vicina "di colore" sul naziskin.
Daniela: Norman è un anziano ebreo newkorchese che tenta di combinare affari vantando le sue presunte conoscenze con persone ricche e potenti, cosa che lo espone a rifiuti ed umiliazioni fino a quando... Film il cui valore non risiede nella trama, contorta e di modesto interesse, ma nel ritratto del protagonista, interpretato da Gere in modo sensibile e convincente: un uomo che offre il suo aiuto agli altri in maniera anche invadente perché ha bisogno non tanto dei loro soldi quanto del loro apprezzamento per non soccombere alla solitudine.
Herrkinski: In sostanza è l'ennesima variante di Bonnie & Clyde in salsa blaxploitation e strutturata come un road-movie, reminescente di analoghi lavori 70s; la questione razziale e gli scontri tra afro-americani e polizia degli ultimi anni sono però centrali e attuali, offrendo una forte componente sociale e drammatica. La regista proviene dai videoclip ma inaspettatamente offre uno stile molto cinematografico, un widescreen che dà respiro alle splendide location di provincia Usa, ben fotografate. Cast all-black ben scelto, durata un pelo eccessiva.
Vitgar: Negli anni 60 film come questi andavano di moda; erano come documentari quasi a scopo turistico. In questo caso una trama che è risolvibile in 10' ce ne mette ben 98 per giungere a compimento. Melchiorre bel giovanotto caraibico va alla ricerca di un gallo da combattimento, incontra varie ragazze e poi riesce nel suo intento. Il tutto immerso in interminabili balli e suonate caraibiche con attori improbabili e una regia latitante. Classico film senza né capo né coda.
Lovejoy: Thriller erotico che definire poco riuscito è sempre poco. Scritto e diretto con una tale approssimazione da fare invidia al peggior regista del mondo (Ed Wood), condito da dialoghi imbarazzanti e una recitazione indegna di definirsi tale. Pessimo.
Noodles: Film sull'età che avanza e la conseguente solitudine, diretto come sempre con eleganza e maestria da Luchino Visconti, che non disdegna per il suo penultimo lavoro qualche novità. Suona strano sentire parolacce e musica pop in una sua pellicola e ciò getta ancora più interesse su questo bellissimo film, il penultimo del regista, che annovera qualche pezzo da novanta nel cast, meno momenti lenti, leggermente più azione rispetto alle precedenti opere e le consuete eleganti ricostruzioni interne. Ottima la fotografia. Non tra i più celebrati, ma da riscoprire senz'altro.
B. Legnani: Quasi tremendo. Si finisce perché Vianello e Chiari dànno, qua e là, un tono surreale alla flebile presa in giro delle rivoluzioni latino-americane che non fa mai ridere. Tognazzi ripete la gag dello stuzzicadenti. Una delle donne è la Keil, biondissima e trecciuta, assai prima di essere Amalasunta. I punti più bassi sono i “lacrimogeni” (sonatori di musiche tristi), l’orrendo "deus ex machina" delle pulci (il plotone d’esecuzione sbaglia la mira perché intento a grattarsi) e la marcia verso la capitale, la cui strada è asfaltata!
B. Legnani: La prima mezzora è folgorante e già vale la visione del film intero (il cui incipit dovrebbe aver ispirato Ibañez Serrador). La lunga fuga del duo (un Clementi simil-Cristo che parla aramaico, disegna pesci e spezza pani, ma anche non sa resuscitare i morti con un bacio, mentre una mela è in bella vista - un'affascinante Ekland) fa calare la tensione, riscattata nel finale. Si volle descrivere un "Potrebbe capitare", ma i morti lasciati scientemente per strada in Italia c'erano già stati, sia nel 1944, sia nel 1945 (anche dopo il 25 Aprile).
MEMORABILE: "Morte per chi tocca i corpi dei ribelli".